La magia delle storie

Signora Felicità!

Era destinato ad essere cattivo. Sapeva di doverlo diventare, ma lui era buono. Anch’io lo sapevo. Mettetevi comodi signori miei, questa è una lunga storia.

Eravamo in una piccola città dell’America, la famosa America, quella ricca e piena di risorse.

Suo padre ingannava la gente, proponendo ottime offerte ad alcune aziende e mandandole poi in rovina; e sua madre “collaborava”.

La migliore scuola della città, una casa enorme sembrava un paradiso.

Finché un giorno tutto il suo mondo cadde a pezzi.

Lui non era felice. Ma perché lui non era felice? Perché si sforzava di sorridere? Era triste. La sua vita era triste. Non aveva un senso. Perché non aveva un senso? La sua vita era una menzogna diceva… una menzogna.

Il vero motivo che l’ha spinto a fare quello che ha fatto era lui, lui nel suo corpo che non si sentiva se stesso. Era caduto così tante volte giù che ormai non riusciva più a risalire a galla. Così decise di scappare. Scappare via, finirla qui.

Andò su un dirupo e il vuoto. Un passo e giù giù giù, senza sosta. Sorrideva, sorrideva perché dalla sua prima risata, quando aveva costruito il suo primo puzzle, quella era la seconda volta in cui si sentì libero. Gli piaceva viaggiare, anche un breve viaggio. Quello sarebbe stato il più bello della sua vita. Poi venne il buio. Chiuse gli occhi e si ritrovò di nuovo sul dirupo, in piedi. Aveva deciso di restare giù, di non rialzarsi più, e invece c’era qualcosa, qualcuno, che gli aveva dato una seconda possibilità.

Era ancora lì in piedi sul dirupo, pronto a buttarsi come la prima volta. Gli era stata data un’altra possibilità. E lui, voleva sprecarla? Che sciocco l’uomo a volte. Eppure era proprio questo il motivo per cui si era buttato, per scappare a quell’indifferenza davanti alla bellezza della vita. E ora ne stava sprecando una, una di quelle più belle.

Lì sul dirupo, Leo si sentiva inutile per se stesso, ma anche per gli altri. La verità è che l’uomo è nato per creare un gruppo, una comunità, per aiutare il prossimo, giorno per giorno migliorare il futuro, l’uomo è nato per assaporare ciò che la natura gli ha donato.

Si sedette, piano e dolcemente. Accarezzò la terra, la terra che lo aveva salvato e urlò.

Urlò forte, fortissimo, a squarciagola. Mentre urlava, vide un uomo e si fermò. Che vergogna! Ma l’uomo gli si avvicinò e gli chiese chi fosse. Leo fece altrettanto e lui gli rispose dicendo di essere alla ricerca della vera identità della felicità.

E Leo si aggiunse alle ricerche ed insieme scapparono. Andarono vicino ad un lago dove si fermarono per la notte. Al mattino, l’amico se ne era andato, chissà per quale motivo. Leo si specchiò nel lago e vide la sua figura che sorrideva, il suo riflesso era felice, anche se lui era convinto di non sorridere.

Rivide nel suo riflesso le rare volte in cui era stato veramente felice: la prima volta in cui riuscì a finire un puzzle da solo, la prima cotta e quando si era buttato. Ma com’è possibile che un lago ti mostri la tua felicità? Felicità. Cosa potrebbe essere questa felicità che è sulla bocca di tutti? Si mise lo zaino sulle spalle e incominciò a cercare.

“Felicità à condizione di letizia, gioia…”, eh? Ci sono certe cose che sul dizionario non si possono trovare…

Ma come si vede la felicità? Si saluta dicendo: “Salve signora felicità?”

Leo era combattuto. O no, non combattuto, forse proprio turbato e assillato da questo pensiero. Per distogliersi da questa idea fissa, fece una passeggiata, camminava, camminava. Passeggiò quasi tutto il giorno alla ricerca di qualcosa di concreto, qualcosa di vero, qualcosa che gli potesse dare anche solo la minima soddisfazione di aver trovato uno spunto alla felicità.

Si sedette sul gradino, ormai stanco del lungo percorso. Vide una povera famiglia che si teneva per mano. Una povera famigli

a infreddolita che cercava di coprirsi con un solo giubbotto bucato. Il padre non era coperto, il cappotto era troppo piccolo. Il bambino pronunciò una battuta e tutti si misero a ridere.

Eccola lì, “Salve signora felicità!”

Alessandra Quinto, classe III C Scuola Santarella, a.s. 2018/19

Kabul

Tenue, agghiacciante, quasi frustrante. La pioggia batteva sulle mie spalle rendendole fragili. Quella pioggia che mi riportava a casa, anche se a casa proprio non ero. Quella pioggia, la stessa pioggia che aveva bagnato i nostri campi e le nostre guance, la stessa pioggia che scorreva nei viali di Kabul. Quant’era bella Kabul un tempo, avresti dovuto vederla, così allegra e piena di vita. Ora era solo un cumulo di macerie.

Il mare continuava costante il suo ondeggiare, stancante, e trasportava in questo dolce movimento ogni cosa.

Osservavo l’orizzonte e la paura mi aggrediva, incombeva sulle speranze di una lontana felicità. Paura del vuoto. Fu la prima volta che vedevo con chiarezza la sottile linea tra mare e cielo e mi chiedevo chissà se quella linea avesse una fine. Ma tutto ha un limite, prima o poi tutti cederemo, anche i più coraggiosi, i più valorosi diventano granelli di polvere, cenere, niente.

Eppure io sapevo di potercela fare, sapevo che il mio sogno era ancora realizzabile. Si dice che nella vita chi non ha un sogno, un obiettivo, non ha uno scopo e non avrà mai la giusta spinta per andare avanti. Ulisse aveva Itaca, Colombo aveva le Indie. Io ho te, solo te. Ti auguro, con tutto il cuore, di avere un sogno, qualcosa che ti rappresenti e che ti faccia sfruttare al meglio ogni singolo attimo della tua piccola vita.

Ti prego, non credere che durante il viaggio io non abbia avuto cura di te, ti accarezzavo e cercavo di tenerti il più caldo possibile. Utilizzai la mia unica coperta per non farti prendere freddo. Eri mio, tutto mio, eri parte di me e non avrei mai voluto lasciarti così. Com’eri bello, mi facevi sembrare una regina.

Ti prego, ricordati di me, io posso ancora vivere nei tuoi ricordi, voglio essere lì, solo lì, in quella tua fragile testolina che pareva soffice al tuo risveglio. Anche se non ti ricorderai mai del mio volto, voglio essere come tu mi disegni, con il sorriso dolce e soave di una mamma. Non guardare alle lacrime che bagnano imperterrite questo foglio, ma pensa alle mie braccia accoglienti, alle mie mani che ti avvolgono, alle mie labbra che sfiorano le tue guance. Tu che come nessun altro mi fai essere felice. Sarò sempre orgogliosa di te, qualunque cosa tu farai io sarò al tuo fianco, a tenerti per mano e indicarti la direzione giusta. E qualunque atto tu compierai, giusto o sbagliato che sia, io starò sempre dalla tua parte, sappi  che non sei solo. Tu, che sei sangue del mio sangue, sappi che non ti abbandonerò mai. Piccolo mio, tu sarai sempre parte di me.

Mi guardo, osservo il mio corpo e penso a quanto fa male abbandonarti così, non poterti insegnare a camminare, a parlare, al solo pensiero che il tuo primo “mamma” non sarà dedicato a me. Mi guardo e mi faccio schifo, poi lo sguardo cade sul mio pancione e torna il sorriso.

Credo che il dono più grande che sia mai stato fatto alla donna, sia quello di metter al mondo un figlio. Credo che sia il mio amore per te a rendermi così sensibile, credo che sia la paura che tu un domani possa odiarmi a rendermi così fragile. Più ti guardo e più penso a quanto sarai bello e intelligente, a quanto sarai buono e generoso. Perché ricorda, piccolo, che puoi ottenere tutto ciò che vuoi se lo chiedi con gentilezza, la violenza non ti rende forte e non lo farà mai, ma sono la capacità di ascoltare, di pensare che ti rendono invincibile.

Tua nonna era una donna eccezionale, sai? Era l’unica a capirmi in un mondo di pazzi, in quel luogo che era diventato solo scenario di guerra, di violenza. Era una guerriera, tua nonna, sempre pronta a tirarmi su di morale, è stata lei ad insegnarmi a scrivere. Era bella come una dea.

E ridi, ridi, ridi più che puoi, che sarai ancora più bello con quel sorriso. La tua mamma già lo sa.

Il viaggio era diventato davvero nauseante eppure la stanchezza non aveva la meglio su di me, resistevo ancora, nonostante tutto io avevo una cosa in più, avevo te a darmi la carica necessaria, qualcosa per cui valesse la pena lottare e mettercela tutta. Eravamo quattro o cinque a non farci sovrastare dallo sfinimento della lunga trasferta. Ma anche se il viaggio era diventato così malinconico, è stato il più bel viaggio della mia vita perché sono stata solo con te, mi sono dedicata a te, completamente.

Se sono qui a scrivere, è per dirti che io ci tengo a te e ci terrò sempre, è proprio per questo che ti devo lasciare andare, perché voglio il tuo bene e voglio che tu viva serenamente il tuo futuro, magari con una casa, una moglie che ti ama, dei bambini che ti circondano e la felicità nell’aria. Non voglio che tu viva la miseria e la crudeltà che ti aspetta a casa, non voglio che tu conosca faccia a faccia ciò che ho vissuto io, voglio che tu sia libero di pensare ed esprimere la tua opinione, voglio che tu sia libero di amare chi vuoi, voglio che tu abbia una vita migliore dalla mia senza quell’istinto di paura che bussa costantemente alla tua porta e la violenza che ti divora.

Il tuoi primi anni di vita saranno sconvolgenti, pieni di scoperte ed emozioni.

I cinque anni sono importanti, incomincerai ad essere grande, a capire come stanno le cose, ma vivrai ancora nelle tue fantasie. I dieci anni fanno paura, sarai già un ragazzino e potresti avere la prima cotta. Tu sii buono e vedrai che avrai successo… Ah, mi raccomando, obbedisci sempre ai tuoi genitori: ricorda che loro ti hanno insegnato a vivere e tu gli devi portare rispetto. I quindici anni! Non seguire i cattivi esempi, tu fai ciò che ti sembra giusto fare, ma usa il cervello e soprattutto il cuore e non lasciarti persuadere dai tipici vizi dell’adolescenza; tu non hai bisogno di aiuti dall’esterno per essere felice, per stare bene basta un sorriso. Vent’anni e non sentirli… Sarai un uomo ormai, un uomo degno di essere chiamato uomo, ne sono sicura, avrai le tue responsabilità e i tuoi doveri che rispetterai parola per parola. Sei il mio orgoglio, tu, tu che non avrai più bisogno della tua mamma che ti tiene per mano, andrai per la tua strada e farai grandi cose. E non andare troppo veloce in macchina, ricorda…

Auguri per la tua vita, vivila al meglio e falla tua, solo tua.

Ti amo e ti amerò per sempre.

Mamma

 

Alessandra Quinto, classe III C Scuola Santarella, a.s. 2018/19

 

Diverse e amiche!

18/10/2017

Caro diario,

oggi ho scoperto una cosa sconvolgente!

Chiara, la mia amica Chiara, la mia migliore amica, non è umana!!

Non è un mostro o un alieno, è semplicemente una macchina con sembianze umane!!

Ma ci pensi???

Pazzesco!!

Oggi eravamo in bagno a scuola e stavamo per tornare in classe. Mi stavo lavando le mani quando una ragazza inciampando è andata addosso a Chiara e le ha fatto sbattere la mano contro lo stipite della porta. Fortunatamente non era nulla di grave, si era solo graffiata.

La ragazza si è scusata e noi siamo andate dalla collaboratrice a chiedere un cerotto, così non sarebbe entrata polvere o altro nella piccola ferita.

Stavamo mettendo un po’ d’acqua ossigenata sulla pelle. Quando ho tolto il tampone bagnato dalla mano di Chiara, quello che all’inizio mi era parso sangue è scomparso e ho visto una superficie di colore grigio con qualche minuscolo filo blu.

Ci siamo guardate negli occhi per un attimo che a me è sembrato eterno. Le ho messo comunque il cerotto e ci siamo dirette verso la nostra classe. Durante il tragitto nessuna delle due ha osato parlare e quando siamo entrate in classe la professoressa ha chiesto come mai ci avessimo messo così tanto.

Io le ho risposto che Chiara aveva avuto un piccolo incidente e che eravamo andate a prendere un cerotto.

La giornata è passata silenziosa fra di noi, eravamo entrambe imbarazzate e confuse.

Ma all’uscita le ho detto che non m’importava se lei non era come me, un’amicizia vale proprio perché si è diversi!

Però le ho fatto promettere che da oggi in poi mi dovrà dire tutto, senza più segreti.

Ci siamo abbracciate forte!

Non vedo l’ora che arrivi domani per rivederla e farmi raccontare, e non nascondo che sono molto curiosa e per nulla preoccupata. Che sarà mai??

Viene dallo spazio. E allora??

Simona

Simona Tosti, classe III A Scuola Santarella, a.s. 2017/18

 

Quando si dice fantascienza…

18\10\2017

Caro diario,

prima di ieri non succedeva nulla di importante, le giornate erano monotone: mi alzavo, facevo colazione, mi lavavo, mi vestivo, qualche volta ripetevo qualche materia, andavo a scuola, pranzavo, studiavo per tutto il pomeriggio e una volta finiti i compiti mi concedevo un po’ di svago. Poi mia madre ritornava da lavoro, cenavo, stavo un po’ al telefono e dormivo. Insomma, vita quotidiana!

Ma ieri è successa la cosa che mi ha sconvolto e non mi ha fatto dormire, una cosa strana, che non avrei mai immaginato: il mio migliore amico è un androide!

Ma proprio un androide!

Fatto artificialmente!

All’inizio non ci credevo, o meglio, non accettavo la realtà.

Lui era strano in questi giorni, a volte non mi parlava neanche.

Lunedì e martedì si è assentato da scuola. Non mi aveva mai invitato a casa sua così, visto che non era venuto a scuola perché forse non stava bene, ho deciso di andare a trovarlo senza dirgli niente. Ieri quindi sono andato a casa sua. Sua madre mi ha aperto, ma si è comportata in modo strano. Non diceva dove lui fosse. E poi ha aggiunto: “È andato a fare una commissione. Se vuoi, aspettalo pure, ma se tra cinque minuti non arriva va’ via…” E sospirando ha aggiunto: “Lo conosco…”

Io non ho potuto aspettare. Così le ho chiesto il permesso e sono andato dritto in camera sua per lasciargli un biglietto. Era una cameretta normale, con tanto di Play Station 4 e Nintendo Switch. A un tratto ho visto uno strano oggetto.

L’ho toccato e si è aperto una porta, come un passaggio segreto. Sono entrato e ho sentito delle voci. Ho visto il mio migliore sdraiato su un lettino e un uomo, uno scienziato penso, che stava cambiando dei circuiti. Mi ha visto.

E la prima cosa che mi è venuta in mente è stata scappare!

Tornato a casa ho pensato che era anche buffo che questo fosse successo mentre a scuola stiamo studiando proprio il racconto di fantascienza, un racconto misto di fantasia e scienza. Esso, infatti, narra eventi fantastici al limite dell’incredibile, ma che possono anche essere reali: proprio come stava succedendo a me!

Ho intenzione di parlare con lui per chiarirci, perché so che non è cattivo. Non ho intenzione di dirlo a tutti, anche se è una cosa sensazionale, anche perché nessuno mi crederebbe.

Ma soprattutto, voglio mantenere il suo segreto in nome della nostra fantastica amicizia. Questo è tutto, ora vado a dormire perché domani sarà un altro giorno.

A domani, caro diario, spero di avergli parlato, poi ti dirò.

Tuo Giuseppe

Giuseppe Maldera, classe III A Scuola Santarella, a.s. 2017/2018

Vita da cani

Tutto inizia quando abitavo con il mio primo padrone Luca e la sua allegra moglie Chiara. Erano una felice coppia sposata da poco. Avevano intenzione di avere un bambino. Una sera Chiara disse a Luca che era incinta. Eravamo tutti moltocanile 1 contenti. Ma una sera piovosa sentii i miei padroni che parlavano di darmi via. Io non ne fui felice, ovviamente, ma accettai la situazione. La mattina dopo Chiara mi chiese scusa con le lacrime agli occhi e il mio padrone mi portò in auto. Pensavo che mi portassero al canile ma non fu canile 3così. Mi portò in un bosco dove mi legò a un tronco e mi abbracciò con le lacrime agli occhi. Quando salì in auto io lo guardai, mi sedetti e alzai la zampa in segno di saluto. Rimasi lì due giorni finché un volontario del canile mi trovò e mi portò con sé. Io svenni per l’emozione. Appena sveglia mi ritrovai in un salone dove due veterinari mi toglievano le zecche. Mi lavarono, mi asciugarono e mi diedero da mangiare e da bere. Così mi rimisi in forze e andai in giardino a giocare con gli altri cani. Dopo una settimana di cure e di affetto arrivò una famiglia.  canile 2“Adottiamo lei!”, dissero. Mi fecero indossare collare e guinzaglio e mi scelsero un bellissimo nome: Luna. Ora abito con loro e giochiamo sempre insieme. Spero che Luca e Chiara siano felici con il loro bambino.

Simona Tosti, classe 1^A “Santarella”, a.s. 2015/16

UNO SCRITTORE IN ERBA

Iniziamo. Sarà poi così difficile scrivere un testo? Dai, pensa a quante volte l‘hai fatto. Avrai scritto decine di volte un racconto. Sì, ma anche se fosse, di cosa parlo in questo canile 1? Cioè, almeno a scuola abbiamo una traccia, ma qui, a tema libero… non lo facevo così difficile! Bè non saprei, forse un fantasy, o… un romanzo d’avventura, potrei anche scrivere un testo su… Ho trovato! Scriverò un testo in cui si parla di uno scrittore che non riesce a trovare l’ispirazione per scrivere libri! Ma come lo intitolo?.. non mi viene niente in mente! Ma ci sarà qualcosa! Continuo a pensare ai compiti a casa e all’allenamento di basket! Credevo che fosse facile scrivere un racconto ma mi sbagliavo, è… è impegnativo, già è impegnativo. Vabbè, lasciamo stare il titolo, possiamo inventarlo dopo, come mi ha insegnato la maestra alle elementari!
– Leonardo, che stai a fare? –
– Niente mamma, sto trovando l’ispirazione davanti ad un dannatissimo foglio vuoto! –
– Va bene, continua così, tra un paio di mesi lo finirai! –
– Molto divertente! –
– Vabbè, puoi andare a farmi la spesa? –
– Uff… riuscirò mai a finire il mio testo?! Va bene, ma’! Ora vado. –
Sono tornato. Al supermercato ci ho messo mezz’ora in fila! Sembravano i funerali di Nemtsov! E poi… a dire la verità, la commessa non ha aiutato per niente. Si è messa a giocare al telefonino mentre lavorava! Tant’è che il direttore le ha sequestrato il telefono portando via un preziosissimo quarto d’ora! Vedendo tutta quella fila ho potuto scorgere vari personaggi: una vecchietta, più arzilla di un bambino, portava un quintale di roba in braccio; ho notato anche un ragazzo ventenne che saltellava perché probabilmente doveva andare in bagno e c’era anche un professore che mentre pagava la spesa ripeteva le potenze da uno a cento per venti a memoria! E’ una cosa quasi impossibile! Sono rimasto molto impressionato!
Comunque, scriviamo questo testo. Ero arrivato sul punto di iniziare, mi era venuta l’ispirazione e avevo iniziato a scrivere il mio racconto. Iniziamo, vediamo un po’ di riassumere la trama: uno scrittore si mette all’opera per scrivere un romanzo che non riuscirà mai a finire per via di varie difficoltà. OK, la trama è sistemata. Ora dobbiamo trovare il modo per iniziare il racconto “Una sera d’inverno…” – no, sembra un racconto romantico – “L’uomo, pensando a ciò che doveva scrivere..” – così va meglio. Anzi, va benissimo. Bene, ora proviamo a immaginare cosa può succedere a questo scrittore.
– Leonardo!? –
– Sì, mamma, cosa c’è? –
– Vieni a tavola? –
Me ne ero scordato! Sono appena tornato da scuola e quindi ora devo andare a pranzare!
– Leonardo! –
– Arrivo subito, mamma. –
Il pranzo era delizioso. Ora ho tutto il pomeriggio libero poiché ho anticipato i compiti. Vediamo, ho scritto… ho scritto a malapena dieci righi! E dovrei scrivere un testo lungo almeno una pagina! Bà! Ho tutto il pomeriggio libero! Posso farcela! Oh meglio, potrei…
-Leonardo, vieni, il dolce è pronto! –
Dannazione sembra che ci sia un complotto contro di me!
–Ora vengo! –
Non posso resistere ai dolciumi! Il dolce era al cioccolato. Irresistibile! Riprendendo il racconto… dovrei trovare delle…
– Pronto, sì… ehilà Giuseppe! Da quanto tempo! Sarà una settimana che non ti fai sentire! –
– Sì, lo so, problemi scolastici! Volevo chiederti quando mi vieni a trovare. –
– Non saprei, tu prova a finire i compiti più presto, poi ne riparliamo! –
– Ok. –
– Ciao, Giu. –
– Ciao, Leo. –
E così ho sprecato altro tempo prezioso per il mio lavoro. Ora… riconcentriamoci… Ehi! Potrei far… far… sì!.. che le “disavventure” del protagonista siano le stesse…
– Leonardo! –
– Sì, papà? –
– C’è “lol ;)” in tv vuoi vederlo? –
– Certo, vengo subito! –
“lol ;)” mi ha fatto crepare dalle risate c’erano delle scene divertentissime, altre un po’ più fiacche… ma comunque divertenti! Prima, però, mi era venuta in mente un’idea riguardante il testo… non me la ricordo! Dannazione era una buona idea! Un attimo, una luce mi ha riordinato le idee (magari avesse fatto lo stesso per la mia camera!). Avevo in mente di… di far vivere i miei stessi problemi al protagonista, in modo tale da sapere bene ciò che è successo ed allo stesso tempo avere le idee chiare sul racconto. Finalmente ho finito il mio testo! Almeno non mi interromperanno più.
-Leonardo, vai a restituire i tegami alla nonna?! –
(COME NON DETTO, I PROBLEMI NON FINISCONO MAI!)

Leonardo Pellecchia I C (a.s. 2014/15 – 3° classificato sezione scuole secondarie di primo grado al Concorso Leone)

GLI AMICI NON SI ABBANDONANO

Sin da piccolo amavo gli animali, infatti facevo di tutto per averne uno.
Stavo ore ed ore a supplicare i miei genitori di comprarmene uno. Un Natale i miei genitori, non potendo più sopportare le mie lagne, decisero di regalarmi un cagnolino che chiamai Smile perché quando lo vedevo mi compariva sempre un sorriso enorme.
E’ passato molto tempo e quel bellissimo cane si è accoppiato con Giulietta. Dalla loro unione sono nati tre bellissimi cuccioli: due li diedi a mio fratello ed uno lo tenni con me, lo chiamai Rex. Ci sono affezionatissimo e credo lo sia anche lui. Mi ricorda il padre… un monellaccio.
Quando tornavo dal lavoro vedevo sempre il cane zoppicare come se qualcuno gli desse, di continuo, calci. Iniziai a preoccuparmi, ma la mia fidanzata diceva che forse aveva litigato con un altro cane. Strano, dato che lui non aveva mai fatto del male ad una mosca.
Una sera chiesi alla mia fidanzata se mi voleva sposare e lei rispose di sì! Ero contentissimo però, la stessa sera, mi parlò del pericolo di avere un cane in casa: dei batteri, dei peli che possono essere ingoiati, di come può mordere o far del male ai bambini.
Non ci diedi molto conto. Tutto cambiò quando scoprì di essere incinta. Non potevo dire di no a mia moglie, d’altronde era per il bene del nostro bambino.
Stavo impazzendo, non sapevo che fare. Rex mi stava sempre vicino anche se era lui ad aver bisogno di me. Mi tirava su il morale saltandomi addosso, leccandomi e abbaiandomi contro, quasi per dire: “Padrone, non essere triste perché se lo sei tu lo sono anch’io.”
Ma non potevo, neanche, dire “No” a mia moglie.
Alla fine decisi di abbandonarlo.
Lui mi guardava con amore ed io lo stavo deludendo senza che lui se ne accorgesse.
Lo misi in macchina e mi avviai il più lontano possibile da casa. Avevo le lacrime agli occhi ma sapevo che era per il bene di mia moglie ma soprattutto di mio figlio.
Aveva messo la testa fuori dal finestrino godendosi l’aria che gli colpiva la lingua. Non so come spiegare, ma quando guardi un animale ti accorgi che non è mai triste; un animale è come una medicina con la sola differenza che la medicina ti lascia l’amaro in bocca mentre non si può avere cosa più dolce di un animale.
Arrivati a “destinazione” lo legai ad un palo, gli misi vicino del cibo e dell’acqua e, dopo averlo abbracciato, me ne andai.

*****

Il mio padrone era un po’ scosso. Non l’avevo mai visto così, però lo vedevo sorridere dunque sorridevo anch’io.
Mi abbracciò e salì su quella grande scatola con le ruote che chiama “macchina” (che buffo nome!).
Continuai a chiamarlo ma lui non si girava però, prima che partisse, riuscii a liberarmi e lo inseguii.
Pensavo fosse uno dei tanti giochi che facevamo sempre insieme prima che quella signora cattiva entrasse nella nostra vita. Infatti lui, dopo averla incontrata, aveva iniziato a lavorare sempre più, fino a non avere più tempo per me. Lei, invece, mi picchiava e mi rivolgeva parole cattive. Non capivo tutto ma sapevo di non piacerle, quindi mi allontanavo sempre da lei.
Continuavo a seguirlo, poi, però, iniziai a stancarmi. Mi fermai, lo guardai e chinai la testa… mi sentivo solo. Tornai dove mi aveva lasciato. Pensavo che sarebbe venuto a riprendermi, ma scoprii che non era vero! Aspettai molto tempo lì ma, ahimè, non tornò.
Ogni giorno a quell’ora ero lì ad aspettarlo.
Mi chiedevo: “Cosa ho fatto di male? Perché non torna? E se torna domani? E se non torna?”.
Avevo solo una vita, come tutti voi, e volevo viverla nel calore dell’amore di una famiglia.
Non mi fidavo più di nessuno, ero sempre impaurito anche dai rumori. Avevo subito violenze, insulti di persone senza cuore, ero stato usato come un pallone da calcio e alcuni ubriachi avevano anche cercato di uccidermi, ma nonostante ciò ero ancora lì con la speranza di rivedere colui a cui avevo donato il mio amore, la mia fedeltà, il mio rispetto.
Per tutto quel tempo ho pensato che mi avesse “abbandonato”. Questa parola la sentivo pronunciare da tutte le persone gentili che mi accarezzavano e che, a volte, mi portavano da mangiare. Per quel che ho capito “abbandonare” è uguale a “buttare”. Ma io non ci credevo molto perché un amico non si abbandona mai.
Durante una notte di pioggia intensa e temporali, non sapevo dove ripararmi ed ero tutto bagnato. Non ricordo come ma, all’improvviso, mi ritrovai in una piccola dimora. Una signora anziana mi stava asciugando. Ero impaurito ma vedendo il suo affetto e quante cure mi dava, mi sentii a mio agio. Passai molto tempo con lei e imparai a fidarmi di nuovo. Credo che i cani, e non solo, non potranno mai portare rancore. Sapevo che presto tutto sarebbe cambiato e che la signora Luisa sarebbe presto salita dal Signore in cielo, perché me lo diceva sempre e mi diceva anche che non mi avrebbe mai lasciato solo.
Mi piaceva pensare a chi fosse quel Signore. Mi diceva che era buono e gentile e che amava gli animali e ne aveva tantissimi e che vivevano in pace e amore.

Luisa ha mantenuto la sua promessa, infatti, mi trovo tra le sue braccia in un luogo bellissimo: il cibo è ovunque, c’è tanto verde e non ci sono distinzioni di nessun tipo, né tutte quelle cattiverie che ho incontrato nella mia vita. Luisa, dopo che le raccontai la mia storia (infatti in questo magico posto riusciva a capirmi) mi disse: – “Sei un guerriero intrappolato in un cane ma anche senza armi hai saputo vincere la tua battaglia.”

Lachhab Zineb III C (a.s.2014/15 – 2° classificato sezione scuole secondarie di primo grado al Concorso Leone)

L’amicizia non ha frontiere…

La forza dell’amicizia è immensa, senza di essa saremmo persi. mani_unite_amore_amicizia
La solitudine non fa per noi, che abbiamo bisogno di completarci a vicenda, consigliarci e trovare insieme una soluzione agli svariati problemi che la vita ci presenta, stupidi o gravi che siano. Fino a poco tempo fa queste parole non avevano importanza per me, ma poi qualcuno ha deciso di stravolgere il mio mondo tranquillo e ordinato, mi ha insegnato a vivere.
Io sono Gemma. Ho deciso di raccontare la mia storia per far capire agli altri che spesso ci ostiniamo a non cambiare nulla della nostra vita, senza renderci conto che non stiamo veramente vivendo.
La vita è vita solo se vissuta accanto a persone speciali, come Lara, una ragazza impulsiva e folle, con un’apparente spensieratezza dentro di sé. Lara è la ragazza che mi ha aperto gli occhi, una di quelle persone che sono state con me fin dall’inizio, anche se all’inizio non ne ero a conoscenza. La mia storia inizia in un piccolo paesino australiano. Sono nata lì, e fino all’età di quattordici anni ci sono vissuta assieme ai miei genitori. Poi ci siamo trasferiti qui in Pakistan per il lavoro di mio padre. Come potete immaginare all’inizio è stata dura. ragazza
Francamente disprezzavo tutto di questo posto, così diverso dall’Australia. Iniziati gli studi nella scuola del paese, tutti hanno iniziato a considerarmi una ragazza viziata, “la figlia del ricco imprenditore australiano”.
Devo ammettere di non aver fatto niente per far cambiare le cose. Volevo distinguermi da tutta quella gente così diversa da me. Ogni giorno andare a scuola mi sembrava un inferno e non vedevo l’ora di tornare nella mia stanza, al riparo da tutti quegli sguardi, da quel mondo che non mi apparteneva, anche se ormai ne facevo inevitabilmente parte.
C’era solo una ragazza bruna con dei grandi occhi a mandorla, intensi ed espressivi, che cercava di catturare la mia attenzione. Lara era conosciuta da tutti a scuola, ma non si atteggiava mai a ragazza “popolare”! Era invece solare e gentile con chiunque, compresa me. Spesso cercava di socializzare, ma io mi rifiutavo di parlarle, preferivo stare da sola e la sua presenza insistente mi dava fastidio. Evidentemente era la sua gioia di vivere a farmi tanto arrabbiare, non capivo cosa ci trovasse di tanto bello in un contesto di vita tanto misero. Poi un giorno tutto cambiò. friends
Era un pomeriggio afoso ed in città era scoppiata una vera e propria rivoluzione, tutti scappavano e si rifugiavano dove capitava. Intorno a me c’erano persone con lo sguardo perso, colmo di sconforto. Persone che però in quel momento erano più protette di me, perché avevano qualcuno con cui attraversare quella folla immensa e caotica. Io invece ero sola, sola tra la gente e avrei fatto qualunque cosa pur di aggrapparmi a qualcuno.
Poi è arrivata Lara. Aveva il sorriso di sempre nonostante la preoccupazione che traspariva dai suoi occhioni. Si è avvicinata a me e mi ha preso per mano guidandomi in un luogo bellissimo.
Dinanzi ai miei occhi si stendeva un grande prato con un fresco ruscello. Siamo rimaste nascoste per ore e abbiamo parlato tanto. Lara mi ha raccontato di aver perso i genitori qualche anno prima durante uno scontro armato. Prima di essere catturata, sua madre l’aveva portata in questo posto magico, dove avevano trascorso insieme gli ultimi istanti. Sua madre le aveva mostrato le bellezze npakistan 1ascoste del Pakistan e lei le aveva promesso che avrebbe amato questo paese e avrebbe trasmesso questo suo amore anche agli altri. Così, in poco tempo mi ha fatto riscoprire questo luogo, splendente proprio come lei, che porta la felicità ovunque vada. Lara mi ha fatto capire che spesso crediamo di non poter cambiare il nostro destino, ma il nostro destino è nelle nostre mani!
Lara ha determinato in me una svolta.
Da quel momento siamo diventate inseparabili.
Lei mi ha insegnato ad apprezzare ogni cosa di questo posto.
È grazie a lei se non ho più pregiudizi, è grazie a lei se posso tranquillamente rispondere di essere come in paradiso quando qualcuno mi chiede “Come ti trovi in Pakistan?”.

Renata La Serra, classe II E, anno scolastico 2014/2015

L’AMICIZIA CAMBIA LA VITA

All’inizio la mia unica amica era la solitudine, mi piaceva stare da sola con me stessa e non mi rendevo conto dell’immensa bellezza nell’avere un compagno con cui condividere ogni singolo momento. La mia vita è cambiata grazie ad una piccola bambina dai capelli bionamiciziadi e lisci come la seta che indossa vestiti colorati e originali. Questa bambina mi ha aperto gli occhi insegnandomi i veri valori dell’amicizia.

Un giorno, mentre passeggiavo sul lungo viale alberato e godevo della splendida vista del mare, la mia tranquilamicizia 1lità fu interrotta dalla vista di una bambina che pedalando con la bici cadde sotto i miei occhi. Appena la vidi mi spaventai moltissimo e cercai di soccorrerla. La bambina scoppiò a piangere fra le mie braccia. Per fortuna non era nulla di grave, solo un piccolo graffio al ginocchio.Dopo l’accaduto mi disse di chiamarsi Giorgia e avendo parlato per molto tempo scoprimmo di essere molto simili.

Da quel giorno diventammo amiche per la pelle e insieme abbiamo vissuto tantissime avventure sia belle che brutte. Grazie all’unione fra di noi siamo pronte ad affrontare tutto ciò che la vita ci proporrà perché abbiamo la certezza di avere qualcuno accanto.

 Luisa Balducci  classe II E  anno scolastico 2014/2015

LA MIA DIVINA COMMEDIA

Premettdante_alighieriendo che io, comune mortale,
non abbia una fantasia geniale,
quest’oggi in Dante mi vorrei immedesimare,
che di fantasia ne ha da buttare.
Vorrei riuscire a creare un poema davvero speciale,
in cui dovrò criticare tutte le persone che si comportano male.
Scriverò dei versi un po’ satirici,
in cui ovviamente parlerò dei politici,
ma non mancheranno i senatori,
che di certo non sono i migliori.
Con noi ci sarà anche un ospite speciale,
che una storia ci dovrà raccontare,
infatti ci dovrà parlare di un furto da vero criminale,
ovvero la scomparsa fatale dell’orologio di Domenico.
Questi sono i dannati, nella mia immaginazione
e come tali riceveranno un’aspra punizione.
Nel mio poema ci sarà fantasia, ma anche molta ironia
e leggerlo per voi diventerà una mania.
Adesso ci troviamo nell’Inferno, laddove la disperazione durerà in eterno,
laddove c’è il ghiaccio e il cocente sole, l’estate e il gelido inverno.
Siamo accompagnati da migliaia di dannati, ma in primo piano vediamo Beppe Grillo,beppe grillo
un politico molto arzillo,
e Silvio Berlusconi colui che rese tutti i cittadini creduloni
e un’altra anima sconosciuta, senza volto e senza identità,
la cui persona nascosta durerà in eternità.
La prima persona citata è secondo me la più dannata,
poiché in vita è stata sempre arrabbiata
e la sua faccia e ormai arrossata;
per non parlare dei suoi capelli
che sono tutto tranne che belli.
Insieme a lui c’è Berlusconi, una persona tutt’altro che onesta,
che contro l’Italia ha scatenato la sua ira funesta.
Qui nell’Inferno, i due si sogneranno il Governo,
ma saranno vittime di lavoro eterno.
Così come hanno ingannato i cittadini,
da Lucifero saranberlusconino ingannati e per questo diverranno contadini,
così da poter capire come soffriva quella povera gente
a differenza loro che conducevano una vita agiata e divertente.
Questa sarà la punizione
che causerà loro un’eterna disperazione.
Ed ora veniamo al terzo dannato
che ha commesso davvero un terribile reato,
poiché l’orologio di un compagno ha rubato.
Non si conosce un sicuro colpevole
ma chiunque sia stato deve capire che ha sbagliato,
ma finchè non lo farà, nell’Inferno resterà.
Quest’ultimo, a differenza degli altri puniti
non ha dei lineamenti ben definiti,
poiché ad incontrare il colpevole non siamo ancora riusciti.
Se non ci riusciremo mai, il suo dolore non si placherà mai.
La sua pena sarà atroce,
infatti sarà inseguito da una bestia feroce e,
finchè non confesserà tutta la verità,
tra il dolore, la disperazione e la rassegnazione resterà.
Secondo me queste sono le pene giuste
per queste anime brutte.
Ecco, questa è la mia Divina Commedia
ed ora a tutti faccio un grande saluto,
sperando che il testo vi sia piaciuto.
Penso proprio che della professoressa Strippoli
non ci sia nulla da dire,
ma devo farle solo un augurio perché il “poema” possa gradire.
Nicola Strippoli, II C (a.s. 2013-14)

IL  VIAGGIO NELL’UNIVERSO E LA PIETRA DI LUNA

stelleEra una bellissima sera d’estate ed Esmeralda era stesa sul prato ad osservare le stelle mentre i suoi fratellini giocavano spensieratamente. Stava guardando il cielo stellato,   chiedendosi come sarebbe stato bello raggiungere le stelle. Ad un certo punto, mentre osservava accuratamente quel bellissimo panorama, vide qualcosa di davvero magico: una stella cadente con una luminosa scia brillante che si avvicinava verso di lei… non aveva mai visto una stella cadente, ma non credeva che queste si avvicinassero così tanto; non sapeva che quella stella avrebbe stravolto la sua vita.  In quel preciso momento stava accadendo qualcosa di davvero straordinario.  Esmeralda  istintivamente allungò la mano, aggrappandosi alla stella, e così iniziò il suo viaggio nell’Universo.mano_stella Stava viaggiando nell’universo, aggrappata ad una stella, inseguendo il suo più grande sogno e vivendolo come se tutto fosse possibile.  Si guardava intorno incredula, facendo  attenzione ad ogni minimo dettaglio di ciò che la circondava: si trovava nella galassia, con tutti i suoi pianeti, ed un po’ più distante c’era la luna, splendente più che mai. Successivamente la stella la portò  su una nuvola candida e ovattata sulla quale Esmeralda si addormentò. Al suo risveglio, la prima cosa che videro i suoi bellissimi e intensi occhi azzurri  fu una figura femminile, una donna dei bellissimi capelli biondi, lunghi e ondulati,  con una pelle che pareva di ceramica e delle vesti setose e lunghe di colore argentato come la luna, la sua sagoma era ricoperta da brillantini dorati ed in testa aveva una coroncina di piccole pietre azzurre. Esmeralda era esterefatta, così tanto da non riuscire ad aprire bocca. La creatura magica si presentò, raccontandole la sua storia. Con la sua voce soave disse di essere la principessa del regno delle fate; un regno situato in un piccolo pianeta sconosciuto della galassia.  Le raccontò che ogni duemila anni, nel loro pacifico regno arrivava dal pianeta di mercurio una cattiva creatura: il drago di fuoco.drago di fuoco L’obiettivo del drago era quello di distruggere l’universo, con tutte le sue forme di vita.  La principessa le spiegò inoltre che  gli abitanti del suo regno, il regno di UNIVERSES, avevano subito un incantesimo, per cui non potevano sconfiggere il drago. Solo una ragazza proveniente da un mondo parallelo  avrebbe potuto tentare di ucciderlo, e per questo importante incarico era stata scelta proprio lei, Esmeralda!  La ragazzina non credeva alle sue orecchie; fino a poco tempo prima credeva che nessuno facesse caso alla sua esistenza; adesso invece scopriva che l’universo si era accorto di lei e perdipiù le dava un incarico molto importante.  Certo, il pensiero che il destino dell’universo dipendesse dalle sue mani le dava una sensazione di timore, ma aveva giurato che tutto sarebbe stato possibile, per cui decise di affrontare questa incredibile ed unica sfida che la vita le proponeva!  La principessa le diede una spada e lei si incamminò verso il nemico, anche se camminare non è il termine giusto, visto che Esmeralda, grazie alla mancanza di forza di gravità, riusciva a volare nella galassia.  In realtà ad Esmeralda non piaceva molto l’idea  di dover uccidere qualcuno, perché era una persona molto buona, perciò lasciò la spada ed ebbe un’idea!  Si era ricordata di una pagina di un libro che aveva letto, in cui c’era scritto che esiste una pietra (la PIETRA DI LUNA) capace di far cambipietra di lunaare le persone, facendo far loro un esame di coscienza.  Così decise di andare sulla luna per prendere un pezzetto della Pietra di Luna. Una volta arrivata, perlustrò la zona, ma di questa leggendaria pietra non c’era traccia; poi si accorse di una caverna nelle vicinanze, vi entrò e finalmente trovò la Pietra di Luna, di cui prese un pezzetto. Nel farlo, non potè fare a meno di soffermarsi ad osservarla: era la pietra più bella che avesse mai visto, e sarebbe rimasta per ore ad ammirarla, ma aveva una missione da compiere e non poteva perdere tempo! Finalmente arrivò sul pianeta Marte, pronta ad incontrare il drago, ma prima la principessa di  UNIVERSES, con una magia, le fece indossare delle vesti magnifiche e le sciolse i setosi capelli, facendola diventare davvero stupenda! Esmeralda si avvicinò al drago e gli mostrò la pietra; il drago immediatamente capì di essere cattivo ed egoista e decise di diventare buono.  Il mondo era salvo! Poi il drago iniziò a piangere ed abbracciò Esmeralda. Anche la ragazza si commosse e le sue lacrime sfiorarono il corpo del drago, che per magia si trasformò in un magnifico principe!

innamoratiI due si innamorarono all’istante, e decisero di vivere insieme per sempre.  I due si baciarono, ma proprio mentre le loro labbra si sfioravano,  Esmeralda si trovò di nuovo sul prato del suo giardino. Evidentemente era stato solo un sogno, o forse no.  Comunque, ogni sera Esmeralda si stendeva sul prato e veniva trasportata  nell’universo parallelo, dove passava dei momenti magici col suo principe, per poi, all’alba, ritrovarsi nel suo giardino. Se tutto questo fosse sogno o realtà non si è mai scoperto, ma questa magia continuò in eterno, ed Esmeralda capì che il regno di Universes era la stella che avrebbe illuminato i suoi passi verso il futuro!

RENATA LA SERRA   –  2^ E  2014

 

LA STORIA VISTA DA UN MERIDIONALE

– Tre settimane, non di più. Non la solita storiella, voglio qualcosa che attiri, deve essere originale. italia 5
Inizio subito, mi dissi. Ma cosa posso scrivere di originale sull’Unificazione d’Italia? Rimpiango di non aver mai avuto fantasia. Torno a casa, cerco di concentrarmi. Niente. Squilla il telefono: un amico. Non posso rispondere, mi ordinai. Okay, faccio una passeggiata. Passo per il museo. In effetti mi può essere utile, sicuramente ci saranno dei documenti sull’Unificazione. In fondo la Sicilia è stata la prima meta di Garibaldi. Trovo delle lettere in una vetrina, risalgono al 1848. Devo averle. Dopo mille preghiere, la signorina del museo me le concede. Leggo le più importanti.

                                                                                                                                     Palermo, 14 gennaio 1848
Gentilissimo conte Astio,
la rivolta è scoppiata da due giorni. Palermo è dilaniata. Il sangue è disperso in tutte le piazze. La Sicilia deve ottenere una nuova Costituzione, questo è il minimo per averla. Ormai il sovrano non ha più potere. Vi manderò notizie il più presto possibile,
conte Cafalda

                                                                                                                                      Palermo, 20 maggio 1848
Carissimo conte Astio,
ho ricevuto la vostra lettera. Anche noi abbiamo ottenuto una nuova Costituzione, ma non l’abbiamo accettata. La Sicilia adesso ha un governoitalia 4 provvisorio. Sono stati lunghi giorni. Sudore, violenza, sangue, gloria. I patrioti hanno combattuto con coraggio e ardore. Nelle piazze ho potuto vedere la paura, il terrore nei loro occhi, la consapevolezza della morte. Siamo riusciti a vincere una piccola battaglia, ma non è nulla in confronto a ciò che sta succedendo da voi. Ormai è iniziata, questa è la guerra contro l’Austria. L’Italia vincerà e per la prima volta sarà unita, non frammentata in tanti piccoli Stati. Siamo deboli in questo modo. Uniamoci, uniamo le nostre forze. L’Italia unita è ancora un sogno, ma l’Austria fuori dalla nostra terra diventerà presto realtà.
Vi saluto e attendo vostre notizie

conte Cafalda

Palermo, 15 luglio 1860
Onorevole conte Astio,
provo grande gioia nel potervi scrivere. La guerra ha bloccato le comunicazioni, ma sono riuscito a spedirvi questa lettera. Sono entusiasta di annunciarvi l’arrivo di Garibaldi sull’isitalia 3ola. Ammiro quell’uomo, lui riuscirà!
Riuscirà ad unificarci. Spero di condividere la stessa gioia con voi. In seguito alla sconfitta con l’Austria e alle vicende con la Francia, avevo quasi perduto la speranza. Veder realizzato il mio sogno, forse è ancora possibile. Almeno l’Austria ha ceduto la Lombardia, siamo liberi dal suo dominio. Mi è anche arrivata notizia dalle Legazioni pontifice dei plebisciti e sono stato sinceramente sollevato dai voti favorevoli all’unificazione. Dai giornali ho ricevuto mesi fa la notizia dell’arrivo di Garibaldi ed ho subito ordinato di preparare la carrozza ed i cavalli per arrivare a Marsala. Dopo tre settimane di viaggio sono finalmente arrivato. Una pena accettabile in confronto alla scena a cui ho italia 2assistito. Garibaldi e i suoi Mille a cavallo, gloriosi più che mai, incorniciati dal popolo che esultava di felicità. Siamo tutti convinti che la sua spedizione avrà successo. Io più di chiunque altro.
Ho potuto assistere all’arrivo della speranza, della forza che vincerà. Non ho, invece, compreso pienamente le intenzioni di Camillo Benso conte di Cavour che, come mi avete raccontato, è uscito dalla scena politica. Stratega geniale, ha sempre avuto sete di gloria. Quando Napoleone III ha ricevuto la Lombardia dall’Austria e poi l’ha ceduta al Piemonte, lui si è subito sentito tradito, come mi avete detto. Mi è sembrato esagerato dimettersi. Sono sicuro che troverà un modo per divenire ancora una volta il protagonista della storia. Non mi fido molto di quell’uomo. Spero che la prossima lettera che vi invierò, porterà notizie migliori di queste ultime. Apprezzerei con estremo piacere che mi inviasse nuove informazioni,
fiducioso conte Cafalda.

Palermo, 30 ottobre 1861
Stimatissimo conte Astio,
vi annuncio la mia immensa gioia nel veder unificata la nostra Patria. Come avevo previsto, il conte Cavour ha cercato di riprendersi fama e potenza, ma con Garibaldi non c’è riuscito. La fiducia che avevo riposto in quell’uomo non è stata vana. Avrei voluto assistere all’incontro tra il valoroso Garibaldi e l’ormai re d’Italia Vittorio Emanuele II a Teano. Sfortunatamente le vostre notizie, per cui vi ringrazio sentitamente, sono arrivate troppo tardi ed il viaggio poteva durare anche un mese. Anche le vostre speranze sitalia 1ono diventate realtà: Vittorio Emanuele è ormai re d’Italia. Non riesco ancora a capacitarmene. In tredici anni un immenso coraggio ha accompagnato tutti i rivoltosi, i combattenti, i patrioti, ma molto, troppo sangue è stato versato. Ed io che dal mio comodo lusso ho assistito allo svolgersi degli eventi, ho visto il mio sogno avverarsi.
L’Italia unita, finalmente.
Conte Cafalda

Elena Biancolillo (classe II C  –  a.s. 2013/2014)

L’UNITA’ D’ITALIA

I cavalli erano stati spazzolati, la carrozza era pronta in cortile e le valigie erano già state chiuse. carrozzaIo, Ludovico Alberto conte di Marsala, camminavo tranquillamente per i corridoi del palazzo cercando delle risposte alle mie domande. Perché? Perché il grande guerriero avventuroso Giuseppe Garibaldi aveva improvvisamente invaso e conquistato la nostra meravigliosa isola, la Sicilia, lasciandola poi nelle mani del re Vittorio Emanuele II insieme al meridione conquistato con i suoi Mille? Sì, ero contento, felice e pieno di gioia ma continuavo a non capire. Il viaggio doveva durare parecchio tempo e perciò non ne persi altro scesi subito nel cortile ed entrai nella carrozza. Partii il 27 ottobre del 1860, subito dopo che Garibaldi aveva affidato il controllo del meridione al Re di Sardegna nell’incontro a Teano.teano Ero diretto in Piemonte, precisamente a Torino, per incontrare il re e il mio grande amico, ex primo ministro Camillo Benso conte di Cavour. Ero consapevole, attraverso i giornali, che aveva abbandonato la carica di presidente del Consiglio dopo che Napoleone III l’aveva tradito con il trattato di Villafranca con l’imperatore d’Austria, ma ero altrettanto informato che si occupava ancora di politica. Era considerato un leader, uno stratega ed io mi fidavo di lui. Volevo che mi spiegasse che cosa stava succedendo, perché io non sapevo più cosa pensare. Il cocchiere fermò la carrozza, su mio ordine il 1° novembre a Piazza San Carlo poiché volevo camminare un po’ per la mia città natale che non visitavo ormai da trent’anni. Arrivai al palazzo Reale, palazzo_reale_torino~s600x600un luogo non nuovo ai miei occhi, dove tutti mi aspettavano dal momento che li avevo informati del mio arrivo nella città più bella del nord Italia. Fui ricevuto dal re nella sala del trono con il mio grande amico e discutemmo per parecchio tempo fino a giungere ad una conclusione. Noi siciliani desideravamo la nostra isola libera ed indipendente, ma questo era un desiderio irreale, non realizzabile, che il re non avrebbe mai permesso e per questo, fidandosi di me, decise che avrei assunto il ruolo di amministratore della Sicilia. Fui entusicavourasta di questa decisione che, però, di certo, non era quella che desideravo. Senza aggiungere altro, uscii da quella stanza dopo essermi inchinato davanti al re e fui accompagnato da una guardia fino alla mia carrozza dove mi aspettava il mio fidato cocchiere. Feci ritorno nella mia amata isola meridionale pochi giorni dopo essermi fermato nella meravigliosa villa di Camillo in Costa Azzurra, precisamente a Nizza (territorio ormai francese insieme alla Savoia dal 1860). Salutai Camillo che promise di venirmi a trovare più spesso a Palermo. Poco tempo dopo la mia partenza, furono istituiti dei plebisciti in cui solo la fascia alto-borghese avrebbe deciso la sorte italiana. Avrebbero votato a favore o contro l’unione dei territori in mano ai Savoia ma, con il suffragio censitario, fu deciso che l’Italia sarebbe stata un Paese unito in cui avrebbe governato la dinastia dei Savoia. Il 17 marzo del 1861 Vittorio Emanuele II era l’ultimo re di Sardegna ed il primo re d’Italia la cui capitale sarebbe stata Torino. L’unità d’Italia regalava alla Sicilia un futuro diverso, ricco di opportunità e speranza; almeno così pensavo io allora!
Tommaso De Leonardis (II C – 2014)

AMICI FINO ALLA MORTE

Strana la storia di questa grande amicizia tra un ebreo e un tedesco. Era il 1934, erano in vigore le leggi razziali ed eravamo in Germania. Le leggi razziali erano state emanate da un anno e la persecuzione degli ebrei continuava. Erano stati catturati migliaia di ebrei ma molti erano riusciti a scappare o a nascondersi.
Franz, un ragazzo appartenente ad una famiglia benestante, era compagno di classe di Mohsin, un ragazzo ebreo che si era trasferito da poco in quella città dopo aver cercato di sfuggire alle leggi razziali di Hitler. Non aveva amici e cercava sempre di conoscerne di nuovi, ma nessuno era all’altezza delle sue prospettive sull’amico ideale. Ma non era solo questo il problema: era pure timido e quando qualcuno gli si avvicinava lui si chiudeva in sé o scappava via.
Un giorno era in giardino e Franz gli si avvicinò per cercare in qualche modo di parlare con lui, ma Mohsin scappò via senza accorgersi di aver perso la stella che ogni ebreo portava cucita sui suoi abiti. Franz la raccolse e se ne andò.tedesco-ebreo
Il giorno dopo Franz cercava di avvicinarsi a Mohsin perché in lui aveva trovato tutte le caratteristiche che avrebbe voluto avesse il suo amico ideale. Franz voleva che il suo amico ideale fosse educato e garbato e anche in qualche modo diverso, così che uno potesse imparare dall’altro.
Dopo la scuola, Mohsin andava sempre in una piccola piazzetta che ispirava serenità e lì si riposava e si sdraiava sull’erba. Quel giorno Franz, deciso più che mai a diventare amico di Mohsin lo seguì e, arrivato in piazza, gli si avvicinò e disse di non aver paura di lui. Mohsin, all’inizio, cercò di chiudersi in sé stesso ma poi Franz cercò di coinvolgerlo nei suoi discorsi.
Ogni giorno andavano in quella piazza e cercavano, Franz più di Mohsin, di interagire tra di loro. L’unico luogo dove potevano incontrarsi era quella magica piazza che li aveva fatti incontrare, anche perché i genitori di Franz erano contrari a quell’amicizia. Franz litigava spesso con i suoi genitori che gli impedivano di incontrare Mohsin che, giorno dopo giorno, si fidava sempre più di Franz.
In quei giorni i soldati di Hitler arrivarono pure in quella città e resero più dure le persecuzioni contro gli ebrei. La famiglia di Mohsin cercò di scappare ma Mohsin fu fermato da Franz che lo volle nascondere in casa sua. Non voleva perdere per nulla al mondo il suo grande amico.
La famiglia di Mohsin, per non perdere il treno, lo lasciò lì e quindi Mohsin non ebbe nessuna alternativa se non quella di nascondersi a casa di Franz.
I genitori di Franz non erano al corrente di ciò. Franz, quindi, portava di nascosto il cibo a Mohsin. Mohsin si rese conto che Franz era un vero amico ma di questo fu sicuro quando un giorno la famiglia di Franz scoprì che Mohsin era nascosto in casa loro e chiamò le S.S.. Franz disse alla sua famiglia che non potevano farlo perché Mohsin era IL SUO MIGLIORE AMICO. La sua famiglia sorpresa lo sgridò e gli disse di scegliere: essere un ragazzo benestante e lasciare che i soldati prendessero Mohsin o seguire la sua sciocca amicizia con un ebreo. Lui senza indugi scelse la seconda possibilità.
Franz andò in camera sua, aprì un cassetto e prese la stella, che Mohsin aveva perso e che lui aveva conservato con cura, la cucì sui suoi vestiti e, quando arrivarono le guardie, disse di essere ebreo. Il padre rimase a bocca aperta mentre la madre disse che non poteva, Franz, essere suo figlio per il suo comportamento indegno.
Le S.S. portarono via i due ragazzi. Furono messi insieme in un carro merci che li condusse direttamente in un campo di sterminio dove furono subito portati nelle camere a gas. Mohsin prese le mani di Franz e gli disse: “Non dovevi sacrificare la tua vita per me. Sei un vero amico ma io non ti ho dimostrato la mia amicizia… non sono degno di averti come amico.” Franz lo consolò e gli disse: “Saremo amici fino alla morte.”
Pochi secondi dopo erano morti.
I loro corpi erano per terra abbracciati.

Zineb Lachhab (II C – a.s. 2014/15)

AMICHE PER LA VITA

Si conobbero in una sera di gennaio su un sito internet. Gessica quella notte non riusciva a dormire, sperava di aver trovato l’amica giusta per lei e continuava ad immaginarla insieme a lei, sulle note di una canzone. Con quei fili mentali, riuscì ad addormentarsi. Non si erano mai viste, s’innamorarono della loro amicizia, come quando ascolti la tua musica preferita e provi una sensazione di felicità e libertà allo stesso tempo! amicizia 1
Gessica aveva un’immagine del suo profilo dove appariva solare mentre Samantha era talmente insicura di sé che non s’era mai fatta vedere, neanche da quella che ormai era diventata la sua migliore amica. Si faceva passare per “timida” ma in realtà era solo uno scudo. Una mattina, come stabilito, Gessica prese il treno e dopo ben due ore arrivò da Samantha, che l’aspettava lì vicino ai binari. Al suono che segnalava l’arrivo dei treni i loro occhi si incrociarono. Erano l’opposto di quello che s’aspettavano. Samantha era obesa, non timida, non brutta e non acida. Non una di quelle migliaia di scuse che s’era inventata per non farsi vedere. Se era come Gessica l’avrebbe voluta, questo non lo sapeva! Samantha tante altre volte aveva avuto delusioni su delusioni per il suo aspetto. Sperava però che questa volta fosse diverso, con tutto il cuore.
Si abbracciarono più volte e risero e scherzarono per tutta la notte, finché Gessica si addormentò e Samantha continuò a guaramicizia 2darla dolcemente, sprofondando nel cuscino di lei pieno di un profumo inebriante. Alla luce del sole rimasero a parlare della vita di Samantha che poteva essere associata alla tristezza. Eppure Gessica riusciva a farla sorridere. Qualche volta le attraversava anche l’idea di potersi trasferire in una grande città e diventare come sorelle. In balia delle lacrime si salutarono e si ripromisero di vedersi ancora una volta.
Gessica, dopo alcune settimane, conobbe un ragazzo. Passava molto tempo con lui e Samantha l’aveva capito: ormai anche lei era andata via come tutte le altre. Non si sentivano da giorni. Samantha le scrisse un sms: “Sono caduta in un pozzo e non riesco ad uscirne. Ti voglio bene”.
Quando Gessica lo vide, pensò fosse troppo tardi. Anzi, no, non è mai troppo tardi per l’amica a cui daresti tutto. Scoppiò in lacrime e prese il primo treno per Verona. Samantha prevedeva quello che avrebbe fatto. Aveva sbagliato di grosso. Erano otto mesi che si conoscevano e Gessica era l’unica persona per cui valeva la pena namicizia 3on farlo, l’unica ancora per sfuggire al suicidio. Che bello sentirsi importante per qualcuno almeno una volta. Quelle due ore passarono lentissimamente. Quante preghiere! Quante! L’obesità non era il suo unico problema. La leucemia, quella maledetta. Poi un’ombra sfocata e Gessica che gridava: “Si fermi, si fermi!”, in lacrime.
Il treno si fermò e Gessica scese. Samantha era sui binari. Corse da lei e l’abbracciò.
“Scusami, non pensavo di poterlo fare!”.
“Scusami tu, per non aver mantenuto la promessa!”
Quella di essere unite e vicine contro tutto. La vera amicizia va oltre, supera gli ostacoli, malattie e distanza, supera tutto.
“Noi ci vogliamo bene!”

Altamura Alessia (classe II C –  a.s. 2013/14)

10 pensieri su “La magia delle storie

  1. Belle storie soprattutto quelle dell’unità d’Italia, della Divina Commedia e dell’amicizia tra un ebreo ed un tedesco. Quest’ultima mi è piaciuta molto poiché è molto bella e movimentata. Forse, però, si doveva narrare in maniera da creare più suspense il pezzo in cui i soldati irrompono in casa di Franz.

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  2. Mi è piaciuta molto la poesia della divina commedia è stata molto divertente ed è anche un modo diverso di raccontarla brevemente con alcuni particolari dell’attualità visto che è molto lunga e difficile da comprendere. BRAVOO NICOLA

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  3. Zineb, il tuo racconto “Amici fino alla morte” è bellissimo… ho provato una sensazione indescrivibile leggendolo… davvero complimenti!!!! 🙂

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  4. Brava Zineb, é un testo bellissimo, un’amicizia basata sull’abnegazione, un’amicizia impossibile, irreale ostacolata da leggi razziali che hanno portato sciagura a milioni di persone che avevano l’unica “colpa” di professare un’altra religione… la “colpa” di essere EBREI.

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  5. Complimenti!!! Mi è piaciuta molto la poesia che fa il verso attualizzandola alla “Divina Commedia”. E’ bello descrivere il presente come nel passato, magari anche per riflettere un po’ su ciò che stiamo vivendo aggiungendo delle nostre riflessioni. Bravi, bravissimi!!!

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  6. Complimenti a Renata. Ha scritto un bellissimo testo che ci insegna i veri valori dell’ amicizia.
    Non bisogna giudicare il prossimo in base alle apparenze, dobbiamo accettarne i pregi e i difetti e soprattutto a guardare oltre i nostri confini e le nostre convinzioni. Brava.

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  7. Bravissima Simona. In quel testo hai racchiuso un grandissimo insegnamento. Non bisogna abbandonare gli animali perché sono sempre esseri viventi e come tali devono essere accolti in una famiglia per essere felici.

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