LA RICONQUISTA DELLA LIBERTÀ. PERCHÉ VIVERE IN DEMOCRAZIA È MEGLIO

Non c’è alcun dubbio che la democrazia sia la forma di governo più giusta, più equa, affinché il popolo possa vivere sereno. Questo lo dimostra la storia, la nostra storia! Il 25 aprile si celebra in Italia la Festa della Liberazione, ovvero la liberazione dell’Italia dal nazifascismo, la fine dell’occupazione nazista e la caduta del fascismo. A parlarne nella nostra classe quest’oggi, mercoledì 17 aprile, sono intervenute alcune esponenti dell’A.N.P.I. (Associazione Nazionale Partigiani d’Italia), ex docenti di scuola che, in maniera del tutto volontaria e appassionata, mettono a disposizione il proprio tempo libero per tenere vivo il ricordo di quanti presero parte alla lotta contro il nazifascismo anche a costo della propria vita affinché l’Italia fosse libera. Credo che la parola-chiave nelle due ore trascorse oggi in classe sia proprio LIBERTÀ. Se non avessimo un governo democratico, oggi non avremmo potuto parlare di tutto ciò. Democrazia è avere la libertà di parola, di pensiero, di religione. La libertà ci permette di esprimere il nostro pensiero, le nostre opinioni senza avere paura di subirne le conseguenze. Essere liberi ci permette di vivere, di essere ciò che vogliamo essere e questo è semplicemente meraviglioso.

Per un attimo ho chiuso gli occhi e ho immaginato come viveva un mio coetaneo durante il regime fascista e sono giunto alla conclusione che la sua non era vita perché come si può pensare di vivere quando “qualcuno” controlla ogni aspetto della tua vita? Si sopravvive, ma non si vive. I Partigiani, uomini, ma anche donne, bambini, anziani, persone comuni, muniti solo di tanto coraggio hanno difeso il più grande di tutti i diritti: la vita. Il partigiano era come il papavero che, se lo cogli, i suoi petali si staccano ed esso muore proprio come il partigiano che, pur sapendo che unendosi alla lotta contro il regime sarebbe andato incontro a morte certa, non si è tirato indietro. Questi sono gli eroi, queste sono le persone da ammirare. Queste persone hanno difeso la propria “madre”, l’Italia senza indugio.

“Io vado, madre.

Se non torno, sarò fiore di questa montagna

frammento di terra per un mondo più grande di questo”. (Abdulla Goran)

Allora amiamo questa “madre”. Rispettiamo i principi su cui si basa la nostra Costituzione. Gridiamo a squarciagola quanto siamo fieri di essere italiani e quanto siamo fieri degli italiani che hanno salvato noi donandoci la libertà.

Sono un italiano, e ne sono fiero.

Francesco Cimadomo, Classe II D, “Santarella”, a.s. 2023/24

IL NOSTRO CAMMINO VERSO LA COSTITUZIONE…

“Odio gli indifferenti…” (prima parte)

Il giorno 21 marzo noi ragazzi della classe 2^G abbiamo partecipato ad un breve ma intenso laboratorio sulla libertà democratica organizzato l’associazione A.N.P.I. (Associazione Nazionale Partigiani d’Italia) di Corato e tenuto da Mariangela Calvi e Maria Mininno, due docenti di lettere in pensione.

Questa associazione, istituita il 6 giugno 1944 a Roma, è tra i più grandi gruppi per la lotta al fascismo in Italia e comprende più di 120.000 iscritti.

Dopo una breve fase di conoscenza iniziale le professoresse hanno avviato l’attività laboratoriale chiedendoci cosa fossero per noi i diritti.

Noi ragazzi abbiamo cominciato a menzionare i nostri diritti inalienabili come quello di parola, di salute, quello allo studio.

Le docenti ci hanno risposto che proprio quei diritti, e molti altri, nel ventennio fascista non erano rispettati e furono del tutto violati. Per questo i partigiani hanno combattuto!

I partigiani erano e sono il popolo: donne, uomini e bambini che hanno lottato per i diritti, per la libertà e, soprattutto, per restituire onore all’Italia infangata dal regime fascista.

I diritti oggi sono per noi una cosa di poco conto, quasi scontata e non tutti sappiamo cosa ci è voluto in passato per raggiungerli.

Aveva proprio ragione Calamandrei quando affermava “la libertà è come l’aria: ci si accorge di quanto vale quando comincia a mancare”!

I partigiani di oggi sono, invece, tutte quelle persone che lottano contro ogni forma di sopruso e discriminazione, così come quelli di ieri hanno conquistato la libertà con il loro sacrificio.

Ed è proprio da qui che deriva il significato del papavero, simbolo del 25 aprile, il cosiddetto “fiore del partigiano” per il suo colore rosso acceso paragonabile al sangue versato da quelle giovani vite.

Un altro simbolo importante è la spiga di grano che indica l’operosità agricola.

Successivamente le due professoresse ci ha distribuito delle immagini di diverse dimensioni. Queste ritraevano alcuni momenti della storia dell’epoca: dalla Marcia su Roma organizzata dai fascisti il 28 ottobre 1922 fino alla Liberazione.

Alcune foto rappresentavano, ad esempio, immagini dell’esercito fascista e tedesco, immagini di alcuni semplici momenti di vita dei partigiani e quella dei sette fratelli Cervi che furono condannati alla fucilazione nel 1943 per aver ospitato dei partigiani in casa propria. 

Successivamente abbiamo parlato di alcune vittime dei fascisti, tra cui anche due preti: Don Morosini e Don Pappagallo, accusati e giustiziati per aver aiutato alcuni partigiani a nascondersi.

Molto toccante è stato ascoltare la storia di Don Morosini che fu condannato alla fucilazione nel 1944 perché egli stesso era diventato partigiano e per aver aiutato altri partigiani fornendo loro cibo, protezione e segreti militari di cui era venuto a conoscenza.

All’ordine di aprire il fuoco, dei dodici soldati del plotone, solo due spararono ferendolo alla spalla mentre gli altri dieci spararono in aria perché non volevano colpire una persona così umile e onesta come Don Morosini. Fu ucciso purtroppo dall’ufficiale fascista che comandava l’esecuzione con due colpi di pistola alla nuca.

Finito l’incontro, le due professoresse ci hanno regalato una bandiera dell’Italia che abbiamo affisso in classe, una medaglia fatta di carta e un piccolo manifesto dell’A.N.P.I.  come ricordo dell’esperienza vissuta.

Questo laboratorio ci ha dato la possibilità di riflettere insieme su temi davvero importanti e sulla necessità, anche nella società di oggi, di “prendere parte” per difendere i più deboli e combattere qualsiasi forma di negazione delle libertà individuali e collettive perché, come affermava Gramsci:

Odio gli indifferenti. Credo che vivere voglia dire essere partigiani. Chi vive veramente non può non essere cittadino e partigiano. L’indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti.

L’indifferenza è il peso morto della storia”.

Alfonso Malcangi e Virginia Ricciardella, classe 2^G

E LA STORIA CONTINUA… (parte seconda)

E, dopo una settimana dal primo incontro con l’associazione ANPI, eccoci arrivati il 3 MAGGIO 2023 a continuare il nostro percorso alla scoperta della nostra Storia.

Abbiamo imparato chi erano i partigiani, vero?

Nel caso in cui qualcuno non lo sapesse ancora, I PARTIGIANI erano giovani uomini e donne che lottavano contro il nazi-fascismo per la libertà. Tra questi vi erano anche molte donne, chiamate “staffette”, che avevano compiti ben precisi, come portare informazioni, cibo o armi agli uomini al fronte utilizzando le biciclette, mezzi che passavano inosservati poiché utilizzati anche dagli operai per andare al lavoro.

Nel primo incontro, infatti, si era parlato proprio di questa figura importante del periodo nazi-fascista e si è fatto pure riferimento all’emozionante vicenda dei sette FRATELLI CERVI, partigiani uccisi tutti sul finire del secondo conflitto mondiale, il 28 dicembre 1943, quando in Italia c’era il regime fascista nato dal colpo di Stato di Benito Mussolini.

Quest’ultimo è stato uomo politico, militare, Primo ministro e dittatore, nonché fondatore del Partito fascista e divenne capo del governo il 31 Ottobre 1922. Prima di questa data, nello stesso anno, precisamente il 28 Ottobre del 1922 c’era stata la MARCIA SU ROMA, organizzata dallo stesso Mussolini, evento che inaugurò il ventennio fascista. Fu un periodo nero della nostra storia, durante il quale il duce obbligò tutti ad accettare le sue idee e soprattutto negò ogni forma di libertà: di pensiero, di parola, di stampa e di voto.

Ma come abbiamo fatto a scoprire tutte queste informazioni?                           

Le docenti, facenti parte dell’associazione ANPI, per rendere più accattivante e interattivo l’incontro, hanno organizzato per noi il GIOCO DELL’OCA sugli argomenti di due giornate molto importanti per la storia dell’Italia: il 25 Aprile e il 2 Giugno.

25 APRILE 1945: LIBERAZIONE DELLA POPOLAZIONE DAL NAZI-FASCISMO

2 GIUGNO 1946: DATA IN CUI L’ ITALIA VOTÒ PER LA PRIMA VOLTA LIBERAMENTE

Nelle votazioni che si tennero nella suddetta data, poterono votare anche le donne che fino a quel momento non avevano mai goduto di questo diritto. Questa data fu importante sia perché vennero eletti i membri dell’Assemblea Costituente sia perché fu votato il referendum, che prevedeva la scelta fra due forme di governo: la Monarchia, che c’era stata fino a quel momento e la Repubblica, con la quale sarebbe stato il popolo a prendere decisioni attraverso le libere votazioni e il voto segreto. L’esito del referendum fu decisivo per la nascita della Repubblica democratica italiana.                 

CHE COS’E’ LA REPUBBLICA?

La Repubblica è una forma di stato di carattere rappresentativo in cui l’organo supremo (Capo dello stato) viene eletto o direttamente dal corpo elettorale o dai membri del Parlamento.

Dato che la Repubblica è una forma di governo che deve garantire i diritti ai cittadini e far rispettare i doveri, dopo il referendum ci si pose il problema di redigere la COSTITUZIONE.

CHE COS’È LA COSTITUZIONE?

La Costituzione Italiana è un documento scritto alla base della legislazione italiana che detta i principi generali della convivenza comune, definisce diritti e doveri dei cittadini e regola i tre poteri dello Stato e gli organi statali.

LA COSTITUZIONE È UGUALE PER TUTTI

CHI LA SCRISSE?

Coloro che ebbero l’importante compito di redigere la Costituzione italiana furono i membri dell’Assemblea Costituente. Essa era formata da politici di partiti differenti: partito comunista, socialista, repubblicano, democristiano. Nonostante le differenze di pensiero, tutti avevano un ideale comune: la libertà.

IL SIMBOLO DELLA REPUBBLICA

Dopo aver redatto la Costituzione si pensò di rappresentare la Repubblica attraverso un simbolo.

Esso è composto da diversi elementi. Quello che spicca di più è sicuramente la STELLA, al centro della figura. Essa rappresenta l’Italia attraverso una personificazione. Dietro la stella troviamo la RUOTA DENTATA che rappresenta il lavoro su cui si basa appunto la Repubblica italiana. Al lato destro della stella invece è rappresentato un RAMO DI QUERCIA che simboleggia la forza e la dignità del popolo italiano. Al lato sinistro della stella, invece, è rappresentato un RAMO D’ULIVO che indica la pace. Infine i due rami sono uniti alla base da un nastro rosso su cui vi è incisa la scritta REPUBBLICA ITALIANA.

Sempre attraverso il gioco dell’oca abbiamo poi scoperto, man mano che tiravamo i dadi, numerosi personaggi che hanno fatto la storia. Il primo personaggio che abbiamo trovato sul percorso è stato SANDRO PERTINI.

Egli è stato un politico e giornalista italiano, settimo presidente della repubblica. È stato un partigiano, uno dei più determinati che l’Italia abbia mai conosciuto. Per le sue attività contro il nazi-fascismo venne arrestato più e più volte in Italia e all’estero. Ѐ stato presidente della Repubblica dal 1978 al 1985. È morto il 24 Febbraio 1990.

Poi abbiamo incontrato due partigiane che hanno riscritto il destino delle donne: Nilde Jotti e Tina Anselmi.

NILDE JOTTI

Una delle donne che fece parte dell’Assemblea Costituente perciò, come tutte le altre donne che lavorarono all’elaborazione della Costituzione, venne chiamata “madre costituente”.

TINA ANSELMI

Era una giovane ragazza con padre partigiano, divenne staffetta partigiana e rischiò la vita per la libertà e per i diritti civili. Dopo la nascita della Repubblica democratica italiana decise di frequentare la scuola ed entrò nella Democrazia Cristiana. Dopo anni di studio e impegno diventò Ministro della Salute e Ministro del lavoro. Inoltre istituì il DIRITTO ALLE PARI OPPORTUNITÀ.

Come ultimo pesonaggio abbiamo incontrato un “padre costituente”, Piero Calamandrei

PIERO CALAMANDREI

Faceva parte del partito Liberal-democratico e non sosteneva né la destra né la sinistra. Fu uno tra gli uomini più importanti della storia partigiana.

Arrabbiato perché il camerata Kesserling non era stato condannato a morte, nonostante i numerosi massacri fatti contro i partigiani, scrisse una poesia che il 25 aprile è stata declamata da SERGIO MATTARELLA. 

Abbiamo concluso il nostro incontro così come il nostro percorso con un’immagine che rappresentava e rappresenta tutt’oggi la felicità di una cittadina all’indomani della nascita della REPUBBLICA ITALIANA.

Il nostro ‘cammino verso la Costituzione’ è stato per tutti noi interessante e inaspettato. Mai avremmo pensato che la nostra libertà, che spesso diamo per scontata, fosse invece nata da tante lotte e da tanto sacrificio.

D’Introno Francesca e Tedone Paola, classe 2^G Scuola Santarella, a.s. 2022/2023

PAESTUM: UN VIAGGIO NEL TEMPO

Una delle passioni più interessanti da coltivare è sicuramente quella per la cultura e l’arte custodite in Italia, il “Bel Paese”.

Noi della classe 1^D, dopo aver studiato la civiltà di Paestum durante le lezioni di Arte, avevamo già intuito quale sarebbe potuta essere la meta del nostro viaggio d’istruzione. Giunta la notizia che ci saremmo recati a Paestum, sorse in noi tutti la curiosità di osservare le testimonianze architettoniche dell’arte della Magna Grecia.

Il 4 maggio, al sorgere del sole, eccoci davanti all’entrata posteriore del “Cifarelli”, dove era il raduno. Il sonno era sicuramente predominante, ma l’euforia ci faceva rimanere svegli. Salutati i nostri cari, eccoci sul pullman, pronti per partire!

Durante il viaggio, abbiamo potuto osservare un’altra forma d’arte: quella della natura. Dal finestrino potevamo ammirare panorami stupendi, caratterizzati da un verde brillante e da scenari fantastici. Intanto, nel pullman, risuonavano cori e canti che ci tenevano svegli. Verso le 10.30 siamo giunti a Paestum, il sito archeologico della Magna Grecia meglio conservato e diventato patrimonio dell’Unesco. Una guida esperta ci ha condotti lungo un itinerario interessante con chiare e accattivanti informazioni.

Abbiamo visitato il Tempio di Hera, all’esterno e anche all’interno, dove sorge la cella. Questo era il luogo in cui si innalzava il simulacro della divinità e nell’adython, luogo inaccessibile ai fedeli, si custodiva il tesoro del tempio. Si tratta del tempio più antico e più imponente dei tre edifici sacri che sorgono nell’area archeologica.

Poi siamo stati accompagnati al Tempio di Nettuno. E’ l’edificio meglio conservato nel Parco Archeologico; sul frontone presenta quadrati scolpiti l’uno nell’altro, motivo poi ripreso nel soffitto a cassettoni del Pantheon a Roma.

Il terzo tempio è dedicato ad Athena, dea dell’intelligenza, della sapienza, partorita dal cervello di Zeus. La guida ci ha fatto osservare lo stretto legame della dea con l’albero dell’ulivo (pianta a noi ben nota….), da cui si ricava non solo il prezioso olio, ma anche sostanze per medicare, profumare, ungere, illuminare, oltre che il legno per costruire. 

Ci siamo immersi nella storia di Roma quando abbiamo attraversato una via Romana, che ci ha portati alla “Piscina della Fortuna Virilis”, ossia della “Sorte Vigorosa”. In essa, si immergevano le donne devote a Venere, dea della Bellezza e dell’Amore, per chiederle il dono della maternità.

Non sono mancati momenti di svago presso le bancarelle allestite a ridosso del sito archeologico. Non potevamo rinunciare a una pizza deliziosa e, infine, abbiamo visitato un importante luogo di cultura gastronomica: un allevamento di bufale, che avevano reso così gustosa la nostra pizza, con la tipica mozzarella.

Durante il tragitto di ritorno, abbiamo ripercorso i momenti più coinvolgenti della visita appena effettuata. Ad esempio, quando la guida ci ha presentato una via romana, ha sottolineato la durata millenaria di una strada mai ristrutturata né migliorata perchè, secondo quella civiltà, quando il popolo versa i tributi per costruire un’opera pubblica, quest’ultima deve durare in eterno!!! Invece noi, ogni anno, vediamo operai bloccare strade e aprire nuovi cantieri per rifare le stesse opere pubbliche.

Ci piace ricordare anche che ci ha molto sbalorditi la presenza, nel Parco Archeologico, di un’opera d’arte moderna: un cavallo di sabbia realizzato dall’artista contemporaneo Paladino.

La guida ci ha fatto capire che è un richiamo al famoso “Cavallo di Troia”, stratagemma ideato dal mitico Odisseo e che rappresenta l’intelligenza, l’astuzia, insomma quelle capacità umane che sono universali, cioè di ogni tempo e ogni luogo, se l’uomo le sa adoperare.

Davide Fusaro, Francesco Mariotti, classe 1^ D Scuola Santarella, a.s. 2022/2023

CARLO MAGNO: NEI PANNI DI UN IMPERATORE 

‘Studiare la Storia’ significa INCONTRARE i GRANDI PERSONAGGI del passato e noi ragazzi di 1^B, in un certo senso, possiamo dire di averlo fatto davvero! Ci siamo immedesimati a tal punto nei panni di Carlo Magno e dei personaggi dell’epoca carolingia da interpretare le loro vite!

Venerdì 17 Febbraio, in occasione del rientro pomeridiano, abbiamo portato a scuola tanti oggetti che  ricordavano l’epoca MEDIEVALE, come spade, collane, piume  e  mantelli; con materiali  da riciclo abbiamo inoltre costruito corone e anelli. La prima tappa di questa attività di ‘role playing’  è stata quella di  riordinare bene le idee su CARLO MAGNO, aiutandoci con una carta d’identità con tutti i suoi dati  personali . Questi dati li abbiamo ottenuti guardando due video con molte informazioni, da cui abbiamo ricavato, ad  esempio, la sua statura, i suoi segni particolari e il suo grado d’istruzione.

In un secondo momento siamo  passati ad interpretare i vari personaggi: il nostro amico Mihai era il famoso e importante CARLO  MAGNO; suo fratello CARLOMANNO era Vito; io (Ilaria) ero la moglie DESIDERATA,  figlia del re longobardo Desiderio. Dopo averla ripudiata Carlo ebbe altre mogli, interpretate da me  (Valentina) e dalla nostra amica Miriam. C‘era anche PAPA LEONE III interpretato da Giuseppe, nel ruolo di colui  che  nella notte di Natale dell’800 d.C. incorona Carlo. Gli altri compagni rappresentavano religiosi e nobili.

In  questo giorno abbiamo rivissuto in particolare due scene molto importanti della vita di Carlo Magno: la  prima è, come ricordato prima, la sua incoronazione ad imperatore, la seconda è stata l’investitura feudale. Quest’ultima era una cerimonia molto importante perché il vassallo, che era un uomo di  fiducia del sovrano (in questo caso il nostro amico Darius), che doveva combattere al suo fianco in  guerra, doveva inginocchiarsi davanti a lui e mettere le sue mani in quelle di Carlo. Questo gesto  era segno di grande fiducia e rispetto, al punto che tradire questo patto era di certo peggio della morte. In cambio il sovrano gli concedeva la sua protezione ed un feudo, simboleggiato durante la cerimonia da un piccolo pugno di terra. Grazie a questa esperienza ci siamo immedesimati nella mentalità medievale, comprendendo come fossero importanti i valori della fiducia reciproca e del rispetto della parola data, anche più di un contratto scritto. Si è trattato di una  bellissima opportunità di apprendere che ci ha insegnato molto.

 ILARIA CATALANO e VALENTINA LIVRIERI

classe 1^B, “Santarella”, a.s. 2022/23

From Siria: is this a child?

Venerdì 17 marzo le classi seconde e terze della nostra scuola si sono recate al teatro comunale per assistere ad uno spettacolo intitolato “FROM SYRIA:IS THIS A CHILD?” i cui attori sono stati Giorgia e Abdo, con la regia di Nicola di Chio e Miriam Selima Fieno. 

Devo ammetterlo, eravamo stati avvertiti che non sarebbe stato uno spettacolo come gli altri: ciò nonostante, appena è cominciato sono rimasta sbalordita dalla tecnica che hanno utilizzato. Due personaggi raccontavano le proprie realtà e non recitavano facendo monologhi o dialoghi tra loro sul palco, ma narravano i loro vissuti riprendendosi con delle telecamere, i cui filmati venivano proiettati su uno o a volte più schermi. Su altri schermi, invece, venivano proiettate immagini e, in alcune scene, carte geografiche. La cosa che mi ha stupito più di tutte è stata il fatto che tutto accadesse in tempo reale con schermi e autori contemporaneamente sul palcoscenico.

 Qualche giorno fa, poi, nel corso di un focus con Claudia Lerro, attraverso una domanda, ho scoperto che questo tipo di rappresentazione teatrale si definisce “DOCUSPETTACOLO”. Nel corso dell’incontro abbiamo anche potuto scoprire i “dietro le quinte” della preparazione di questa rappresentazione: pianti, felicità e soddisfazione per aver visto realizzata la loro pièce teatrale. Inoltre, le ho chiesto perché fossero stati proprio Abdo e Giorgia a riprendersi con le telecamere e mi ha risposto che quell’invenzione scenica era finalizzata a trasmettere le emozioni vere dei protagonisti reali delle storie evitando ogni forma di finzione. Incredibile, vero?!

Potremmo aprire capitoli e capitoli di riflessioni su questo spettacolo e su quanto la scuola sia importante nel renderci futuri cittadini liberi sempre nel rispetto della libertà altrui. Potremmo infatti soffermarci su tante scene ma io voglio puntare l’attenzione su una domanda che è stata fatta alle due esperte: “Che adulto vuoi diventare?”. Domanda complessa, a cui bisognerebbe provare ogni giorno a dare una risposta!

Un altro argomento su cui si è disquisito ha riguardato la complessità del mettere in scena una storia reale senza attori professionisti: si è riusciti ad arrivare a stilare un copione dopo più di un anno di ricerca in cui vi sono state difficoltà, tra cui quella di convincere Giorgia a trasmettere alcuni filmati: la ragazza, infatti, inizialmente avrebbe mostrato contrarietà rispetto alla presentazione della sua vita ad una platea di un teatro. Alla fine, si sarebbe convinta pensando all’importante messaggio che quei filmati avrebbero potuto trasmettere ai giovani, in particolare.

Ma di cosa si parlava durante queste riprese? Beh, sicuramente della storia vera di due ragazzi e della guerra in Siria cominciata undici anni fa e che ancora oggi continua ad attanagliare le città di quello Stato. Ma, procediamo con ordine!

Immaginate cosa voglia dire non poter vivere la propria adolescenza per colpa di una guerra, non poter andare a scuola perché essa è stata bombardata?

No, nessuno di noi può immaginarlo perché noi siamo stati fortunati a nascere in un’altra parte del mondo, dove gran parte dei diritti ci son garantiti sin dal primo vagito che emettiamo quando veniamo al mondo.

Innanzitutto, dov’è la Siria?

La Siria è nell’Asia Occidentale, più specificatamente nel vicino Oriente, la sua capitale è Damasco, teatro di numerosi scontri, non solo militari ma anche politici.

Lo Stato è confinante a Nord con la Turchia, a est con l’Iraq, a sud con la Giordania e infine a ovest con Israele e il Libano, la lingua ufficiale invece è l’arabo.  

Il presidente attuale è BASHAR AL ASSAD figlio di HAFIZ AL-ASAD precedente presidente della Siria. Proprio durante il governo di BASHAR sono nati i primi problemi, le prime manifestazioni e le prime ribellioni da parte del popolo brutalmente soffocate nel sangue dalle forze governatrici. Dalle ribellioni popolari si è poi passati alla guerra che è tuttora in corso nel Paese, dal 2011 circa

Questa è la mappa delle guerre nel mondo.

Dopo questo excursus storico-politico procediamo a narrare la storia dei due protagonisti: Giorgia e Abdo

LA STORIA DI GIORGIA

Lo spettacolo si apre con il presentarsi sulla scena di una ragazzina di nome Giorgia che ha avuto un’adolescenza che lei definisce complicata. Durante la sua infanzia, infatti, all’età di sei anni, i suoi genitori si sono separati e la sua vita viene stravolta completamente. Ad un certo punto, si ritrova a vivere, due Natali, in due case, a dormire in due letti…trasportata come un pacco tra le case dei due genitori. Lei, confusa, inizia a pensare che tutto questo sia successo a causa sua e si colpevolizza per essere nata e per esistere. Allora prende il dolore e gli dà un nome: “Pippo, si, ti chiamerò Pippo “- diceva la bambina ripensando all’ aereo di cui le aveva parlato sua nonna che durante la guerra sparava quando vedeva luce.

L’incontro con Abdo ed il conoscere la tragica storia di questo compagno le fa però un giorno comprendere che tutti i suoi problemi e tutta la sua sofferenza non sarebbero mai stati paragonabili a quelli di un ragazzo siriano che malgrado tutto, però, attribuiva un valore immenso alle misere cose che aveva lasciato nella sua casa in Siria, reputandosi un ragazzino fortunato rispetto ad altri suoi coetanei.

LA STORIA DI ABDO…

Questa che leggerete è la storia di un uomo che dentro è ragazzo. Lui non ha mai vissuto un’infanzia, non ha mai visto con i propri occhi la gioia e il puro divertimento che noi tutti abbiamo visto e stiamo vedendo. Abdo Al Naseef Alnoeme, chiamato dagli atri Abdo, ora ha ventuno anni, ma, come tutti noi, ha avuto anche tredici anni però vissuti in una maniera brutale, disumana. Il 15 marzo 2011 è iniziata la guerra in Siria, suo Paese nativo.

La guerra sin dall’antichità è sempre stata un inferno: perché mai l’uomo deve uccidere i propri simili?

Abdo ha circa nove anni quando comincia la guerra in Siria: le scuole vengono distrutte, privando così bambine e bambini del diritto allo studio. Per far sì che i giorni trascorrano più velocemente e per non oziare troppo, il ragazzino decide di fare volontariato con il padre in un ospedale. Aiuta feriti di guerra e, proprio durante questa esperienza, rischia più volte di essere ucciso da malviventi. Il solo pensare che un bambino innocente di nove anni abbia potuto vivere tale brutalità mi mette i brividi!

La guerra non si dimentica e non si deve dimenticare, così Abdo ogni singolo giorno prende il suo cellulare e filma ciò che accade poco fuori dal suo balcone: bombe che esplodono, fucili che sparano a raffica… Dopo anni di sofferenza, quando il ragazzino ha circa quattordici anni, suo padre decide di scappare dal Paese con la sua famiglia. La famiglia di Abdo si ritrova a vivere in un paese del tutto sconosciuto e inospitale dove sembrano quasi “trasparenti” agli occhi della gente. Il ragazzo, stufo di questa non curanza matura allora la decisione, a costo di non farsi più riconoscere come figlio dal padre, di tornare in Siria, a casa, ma, tornatovi, al posto della vecchia e amata casa non trova altro che macerie: “Non è possibile questa non è casa mia!” Questo è quello che lui pensa e che sicuramente anche noi avremmo pensato se fossimo stati al posto suo. Il terrore lo domina, sente sparare dal nulla, pensa di morire e quando riapre gli occhi si ritrova tra le macerie.

Dopo alcuni anni, lascia la sua affezionata patria e approda in Italia dove poi ha modo di conoscere una ragazzina di nome Giorgia che un giorno, tra una cosa e l’altra, gli racconta di come l’infanzia appaia agli occhi di un bambino.

Così Abdo, insieme a Giorgia, ancora oggi continuano a “viaggiare nell’infanzia” raccontandosi vicendevolmente le loro storie, traboccanti di sofferenza.

E già, il dolore delle ferite passa, ma le ferite rimarranno per sempre sulla pelle. Ci sono ancora oggi ragazzi in Paesi di guerra che non hanno la minima idea di cosa sia un’infanzia felice… Questa è infatti una delle storie tra le tante che ci fa capire quanto siamo fortunati ad avere una casa e a poter frequentare la scuola.

Non esiste un modo onorevole di uccidere, né un modo garbato di distruggere. Non c’è niente di buono nella guerra, eccetto la sua fine! (cit. Abraham Lincoln).

Che dire ancora? Uno spettacolo che ci ha in-segnato per la vita!

A cura di: Calò Elena, Tedone Paola, D’Introno Francesca e Arbore Celeste, classe II G.

“L’inno svelato”: i segreti del nostro inno

Giorno 3 marzo, accompagnati dalle nostre professoresse, siamo andati al Teatro Comunale per assistere ad uno spettacolo – conferenza riguardante il nostro inno nazionale italiano, quindi il “Canto degli italiani”. Lo spettacolo ha avuto inizio con le parole di Mazzone, delegata dalla A.D. della Granoro dott.ssa Marina Mastromauro, che ha constatato che i giovani debbono conoscere la propria storia così da sentire un senso di appartenenza al proprio Paese. Ha, inoltre, detto una frase che ci ha colpito molto: “L’Inno unisce non divide”.

Il Tenente Colonnello Mauro Lastella poi ha ringraziato tutti i collaboratori che hanno reso possibile questa manifestazione; poi ci ha fatto vedere un filmato dove veniva mostrato come, in seguito ad un referendum popolare, il 2 giugno 1946, nacque la Repubblica italiana. Per la prima volta in Italia le donne hanno avuto la possibilità di esercitare il diritto al voto per decidere se in Italia sarebbe dovuta rimanere la Monarchia o si sarebbe dovuta adottare la Repubblica.

Alla fine del referendum il 54% delle persone votò per la Repubblica e, tra il 12 e il 13 giugno del 1946, Alcide De Gasperi assunse le funzioni di “Capo provvisorio del nuovo Stato repubblicano”.

Il Tenente Colonnello Lastella ci ha spiegato il significato del tricolore italiano:

-Verde: La speranza di liberazione

-Bianco: la bianca neve della Alpi

-Rosso: il sangue versato in battaglia

Dopo questa premessa sulla bandiera, il dottor Michele d’Andrea ha iniziato a parlare dell’inno come un inno che “non piace a nessuno perché gli altri sono più “belli”.

Il professor d’Andrea ci ha raccontato di Michele Novaro (il compositore della musica dell’inno italiano) e di Goffredo Mameli (il compositore del testo dell’inno italiano) e ci ha parlato di quanto lavoro ci fu per scrivere una melodia che potesse esprimere paura, incertezza, ma anche forza e determinazione. Inoltre nel testo c’è un riferimento a Scipio, il comandante che riuscì a sconfiggere i Cartaginesi con l’esercito romano. Il canto degli italiani nacque in quel clima di fervore patriottico che già preludeva alla guerra contro l’Austria.

L’immediatezza dei versi e l’impeto della melodia ne fecero il più amato canto dell’unificazione.

Il professore ha iniziato a paragonare la storia dell’inno italiano a quella di altri inni, partendo da quello americano. A quanto pare l’inno americano ha la base completamente “copiata” da uno spartito appartenente ad un bar americano del 1830.

Successivamente, siamo passati a quello inglese e poi a quello tedesco.  Abbiamo così notato che di basi simili a quelle ce ne sono state moltissime nella storia. Per concludere, anche l’inno spagnolo sembra essere simile ad una brano di Vivaldi. Come possiamo notare quindi, non ci dobbiamo lamentare del nostro inno, in quanto è un’onda di freschezza e innovatività.

Il dottore ci ha parlato quindi dei diversi inni prima di quello di Mameli e del perché abbiano fallito. In seguito, lo spettacolo si è concluso con tutto il pubblico che ha cantato l’Inno di Mameli con molta enfasi.

È stata una bellissima esperienza, molto divertente e formativa che rifaremmo volentieri con entusiasmo anche affrontando altri temi!

Attraverso queste uscite sul territorio la scuola diventa ancora più piacevole e ci aiuta ad approfondire determinati argomenti con l’aiuto di persone esperte e competenti. Questa opportunità ha stimolato la nostra classe ma anche gli altri ragazzi presenti ed ha contribuito alla diffusione della cultura, dei valori di cittadinanza e di appartenenza, concetti oggi sempre più importanti da valorizzare.  

Si è trattato di una interessante “lezione” di Storia che ha portato al centro della narrazione il nostro inno.

Colabella Giuseppe, D’introno Massimo, Fracchiolla Matteo, Larrarte Giorgio, Patruno Gabriele, Sciscioli Marco, Classe 2^F  Scuola Samtarella, a.s. 2022-23

Uscita didattica sul territorio di Corato

Alcune classi della Scuola Secondaria di I grado “L. Santarella”, in giorni diversi, si sono incamminate per le vie di Corato per scoprire i tesori della nostra città, con la guida del dott. Giuseppe Magnini dell’Archeoclub di Corato. Le professoresse ci hanno consegnato innanzitutto una mappa del territorio per farci orientare nel centro storico.

Abbiamo visitato: piazza Di Vagno, il trigramma di San Bernardino, palazzo De Mattis o ‘Palazz de re’ pete pezzute’, la Chiesa Matrice, la Torre Santa Caterina, il Palazzo Gioia, Palazzo Catalano, Largo Abbazia, la Chiesa di Santa Maria Greca e Torre Gisotti.

Le testimonianze architettoniche che mi hanno colpito di più sono state:

  • il Palazzo De Mattis;
  • il volo di Alessandro Magno sulla facciata della Chiesa Matrice

Il Palazzo De Mattis

Questo palazzo si trova in via De’ Mattis, la parete è di colore bordeaux con le pietre di forma piramidale, a punta di diamante, da cui è derivato il nome con cui tutti conoscono quel palazzo, ‘palazz de re’ pete pezzute’.

In origine apparteneva alla famiglia dei Patroni-Griffi.

Ad un angolo del palazzo si trova inciso lo stemma della loro famiglia: al centro dello stemma si trova un grifone, un animale con il corpo da leone e la testa da aquila.

Il volo di Alessandro Magno 

Sulla facciata della chiesa matrice, nella zona a sinistra del portale a ridosso del campanile, conteneva la figura di Alessandro Magno in volo coi grifoni, che simboleggiavano il potere in cielo e in terra.

Visto però che i grifoni non volevano volare, Alessandro Magno, come possiamo vedere nell’immagine, ha in mano due lance con della carne in modo da convincerli a volare.

A tutt’oggi del volo di Alessandro Magno sono rimaste solo poche tracce, è andato perduto.

Quest’uscita sul territorio di Corato è stata molto interessante perché mi ha fatto scoprire alcuni tesori di cui non immaginavo l’esistenza.

Flavia Delfino e Muggeo Gloria, classe I D Scuola Santarella, a.s. 2021/2022

I tesori di Corato


Il giorno 21 maggio 2022 la nostra classe, accompagnata dalle nostre professoresse, ha partecipato ad una visita guidata nel centro storico di Corato. Quest’ultimo nasconde meraviglie di ogni genere!

A farci da guida è stato il dottor Giuseppe Magnini, un ricercatore dell’Archeoclub di Corato, che ce ne ha svelato i segreti!

Il giorno prima con la nostra docente di Italiano ci siamo preparati alla visita visionando due video, tratti dalla trasmissione “Terra Nostra”, in cui il conduttore intervistava il dottor. Magnini su alcune ricerche condotte nel nostro paese.

Il giorno della visita, con taccuini e mappe del centro storico, ci siamo incamminati verso la prima tappa: via San Benedetto, dove abbiamo osservato una serie di trigrammi in bassorilievo con l’iscrizione “IHS”, cioè “Cristo Salvatore degli Uomini”.

Poi ci siamo recati a piazza Di Vagno e il dottor. Magnini ci ha spiegato che prima c’era una chiesa che poi venne abbattuta perché poco sicura, di cui oggi rimane solo una colonna. Inoltre in questa piazza c’era il Palazzo Ducale che nel 1922 crollò per il disastro della falda acquifera.

Successivamente abbiamo approfondito l’argomento dei “green man” e dei “mascheroni”. La guida ci ha spiegato il significato che essi avevano all’epoca: i “green man” servivano a portare fortuna ed erano rappresentati con facce ricoperte da foglie, mentre i “mascheroni” servivano a scacciare il malaugurio e far allontanare i ladri. Entrambi avevano quindi una funzione apotropaica.

Poi ci siamo diretti al Palazzo de Mattis. Nel portale principale del palazzo era utilizzata la tecnica dell’arco a volta composto da 13 triangoli di cui uno aveva la funzione di chiave di volta. Inoltre anticamente questo palazzo apparteneva alla famiglia Patroni Griffi. Esso però prende il nome da Nunzio de Mattis, un npersonaggio che ha abitato per un certo tempo.

In seguito ci siamo recati alla Chiesa Matrice, dove la nostra guida ci ha mostrato un affresco molto antico in cui è rappresentata la Trinità.

Ci siamo poi incamminati verso la prima torre d’avvistamento. Dopo un’ora e mezza circa siamo andati a Largo Abbazia dove abbiamo fatto la ricreazione ed una piccola pausa. Sempre nello stesso luogo abbiamo osservato una lapide sulla quale è inciso in latino “Nell’anno del signore 1452 Mastrolillo costruì questo palazzo con le sue mani”.

Proprio accanto, a piazza Sedile, è presente palazzo Gioia, l’antico “castello” di Corato, costruito con particolari strumenti. Nel retro della chiesa di Santa Maria Greca c’è una strada molto stretta e difficile da attraversare in gruppo. Questa era l’entrata originale della chiesa. È anche presente una torre, ma questa volta di difesa.

L’ultima tappa è stata la torre Gisotti, utilizzata per respingere gli attacchi con le frecce. Si tratta di una torre di difesa e di attacco, in essa si trova uno spazio, oggi murato, il quale originariamente veniva utilizzato per mettere gli elementi per l’attacco. Inoltre c’è una finestra dalla quale potevano essere scagliate delle frecce usate sempre per attaccare.

Finito il giro, abbiamo salutato il dottor. Magnini e siamo tornati a scuola.

Anche se questa visita guidata è stata molto breve, siamo rimasti molto soddisfatti di questa esperienza scolastica.

Ci auguriamo di poter rivivere momenti come questi, arricchenti e altamente formativi.


Giuseppe Colabella, Giulia Bernardette Diaferia, Davide Diasamidze, Marco Sciscioli, Marco Spada, classe I f, Scuola Santarella, a.s. 2021/2022

Dove c’è la guerra

In questi giorni, con la docente di Italiano abbiamo letto e analizzato brani antologici che affrontano i temi della guerra e della pace. In particolare, ci ha colpito un testo: “Dove c’è la guerra” di Dacia Maraini, una scrittrice italiana contemporanea. In questo testo l’autrice evidenza l’assurdità e l’atrocità della guerra. Il brano letto fa riflettere su tutti gli aspetti della vita quotidiana che noi diamo sempre per scontati e che durante una guerra non si hanno più. Difatti la vita di coloro che la vivono si spegne e tutto diventa pauroso e doloroso.

Si smettono di provare delle emozioni e di fare delle esperienze che danno luce alla nostra vita. Dove c’è la guerra niente importa, tutti sono soli e hanno paura. Tutti sognano di essere salvati, l’unico pensiero è sopravvivere.

L’autrice mette in evidenza tutti gli orribili aspetti della guerra, che colpisce ovunque e non solo per le armi utilizzate, ma anche per tutto ciò che provoca in ogni uomo nel quotidiano. Leggere, passeggiare, ridere, giocare, incontrare amici, ascoltare musica, possedere qualcosa, avere desideri o sogni da realizzare e tanto altro ancora sono “azioni” che vengono annientate dalla guerra in un istante, portando solo grandi cambiamenti negativi.

L’unica parola che resta, con un barlume di ottimismo, è una fievole speranza, perché si corre notte e giorno, così come dice anche l’autrice, per mettersi al sicuro, per rifugiarsi prima di aver accaparrato velocemente qualcosa da mangiare, indispensabile per quel che resta da vivere. La “guerra” ci accompagna da sempre, fa parte della nostra storia, quella storia che studiamo a scuola, per poter comprendere il passato, correggere il presente e non perseverare nel futuro con gli stessi errori.

Nella notte dei tempi si è iniziato a combattere con armi semplici, solo per sfamarsi. Ma poi l’uomo si è acculturato, industrializzato e si è applicato nel tempo per costruire vere e proprie “macchine da guerra”, sempre più precise e potenti, da poter utilizzare per terre e per mari, non solo per trovare cibo, ma per conquistare territori e popolazioni da sconfiggere e da sottomettere. Tutto questo per soddisfare la bramosia di accumulare gloriose ricchezze, senza scrupoli per niente e per nessuno: l’importante era ed è emergere. Così l’uomo negli anni ha imparato ad inimicarsi il suo vicino, a odiare, a spargere sangue, offuscandosi la mente e perdendo ogni forma di razionalità, civiltà e umanità.

La guerra è una follia, un’atroce realtà che ancora oggi minaccia i popoli, in una società in cui si combatte per l’uguaglianza, la solidarietà, le pari opportunità, il rispetto dei diritti umani e soprattutto per la pace nel mondo.

È un’autentica tristezza: la guerra è sempre stata presente nella vita dell’uomo.

Proprio fra il 23 e 24 febbraio la Russia ha attaccato l’Ucraina. È scoppiata una nuova guerra tra questi due paesi.

Ci sono state forti esplosioni in diverse città tra cui anche nella capitale ucraina Kiev.

Ci sono state molte vittime, persone spaventate tra cui anche dei bambini.

Nessuno si merita di vivere una cosa del genere, la situazione è catastrofica.  Non avremmo mai pensato e immaginato che nel 2022 si potesse vivere un’esperienza simile!

Mentre scriviamo, siamo incredule e intimorite, perché dietro l’angolo un’intera popolazione è devastata dai combattimenti da quelle che oggi si definiscono la più grandi potenze mondiali…

La Russia ha deciso di invadere l’Ucraina: un gesto tanto ignobile quanto ingiustificabile nel terzo millennio. Questa è un’epoca in cui i più potenti uomini politici del mondo hanno tutti i mezzi a loro disposizione per poter discutere, contrattare e raggiungere un’intesa diplomatica salvaguardando ognuno i propri interessi. Putin, il presidente russo, non vuole scendere a compromessi e ha deciso in piena autonomia di riconquistare i territori dell’Ucraina, già indipendente dall’Unione Sovietica dal 1991, a suon di missili e bombe. L’Ucraina è considerata importante per l’Unione Europea, strategica per gli Stati Uniti e vitale per la Russia.

Questo è un conflitto che apporterà un profondo cambiamento in tutti i Paesi e che se non fermato in tempo potrebbe diventare la terza guerra mondiale. Ancora una volta siamo davanti a uno scenario apocalittico messo in atto dallo strapotere di uomini dello stesso calibro di Stalin, Hitler e Mussolini. Sono questi i famosi corsi e ricorsi storici?

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Ed  ora noi ci chiediamo: “Cosa ci ha insegnato la storia?”

 

Angelica Barresi, Giusy Bove, Rebecca Patruno, Daria Tedone, classe III B Scuola Santarella, a.s. 2021/2022

I bambini di Terezín

“Sono stato bambino tre anni fa.

Allora sognavo altri mondi.”

Hanus Hachenburg (1929 – 1943)

Il 27 gennaio di ogni anno si ricorda una pagina mostruosa della storia dell’umanità, umanità che talvolta è capace di azioni terribili, peggio di quelle delle belve più feroci.

Disegno di Andrea Redda

Durante la Seconda guerra mondiale quasi 6 milioni di ebrei tedeschi furono deportati in campi di concentramento, accusati di appartenere ad una razza inferiore. Certo questo non accadde all’improvviso, già molti anni prima erano state promulgate le leggi razziali che impedivano agli ebrei di praticare alcune professioni o di entrare in negozi e mezzi pubblici, ma nel corso degli anni la situazione peggiorò in modo inesorabile.

Fra queste persone non ci furono solo ebrei ma anche “intralci” alla comunità come anziani, disabili, omosessuali, zingari, persone con handicap, definite “indesiderabili”.

Prima di arrivare a rinchiudere gli ebrei nei campi di concentramento, questi venivano “relegati” nei ghetti, quartieri spesso recintati in cui gli ebrei erano costretti a vivere nella miseria più totale, tutti insieme, molte volte in case per due famiglie e spesso essi morivano per la fame, per le malattie o per le successive deportazioni nei campi di sterminio.

In particolare, c’era un campo a Theresienstadt (o Terezín) nella Repubblica Ceca, in cui vennero rinchiusi i più grandi artisti, musicisti e intellettuali ebrei dell’epoca, e ben 15.000 bambini!

Disegno di Velia Tedone

Questo era un “campo modello”, perché serviva a fare pubblicità ai tedeschi che riprendevano i “prigionieri” con le videocamere per dimostrare a tutti che i nazisti non erano cattivi e che non facevano del male ai deportati.

Era l’unico campo, infatti, in cui ai bambini era consentito cantare e disegnare. Però era assolutamente vietato per loro andare a scuola e studiare!

Oggi noi abbiamo i loro disegni e le loro poesie, che raccontano sogni, ricordi e desideri e tutto ciò grazie agli adulti che in maniera clandestina, essendo grandi artisti e intellettuali, facevano da maestri a questi poveri bambini e ragazzi.

Tutti i loro 4.387 disegni e le 66 poesie sono conservate oggi nel museo ebraico di Praga.

Anche se sembrano storie, sono fatti realmente accaduti, vite reali di bambini e ragazzini come noi che non potevano vivere liberamente come facciamo oggi, a cui era consentito solo ricordare il loro vecchio mondo e sognarne uno migliore. 

Anche noi alunni di I A abbiamo voluto esprimere le nostre riflessioni davanti a tali brutalità attraverso le nostre parole e i nostri disegni, con cui abbiamo cercato di dare parole a qualcosa che parole non ne poteva avere…

Questo evento terribile, la Shoah, non dovrà mai accadere di nuovo in futuro, tanta sofferenza non dovrà più esistere e per questo il 27 gennaio è una giornata importante da NON dimenticare, per non ripetere gli errori del passato!

“Il disegno di una speranza” di Giulia Terzulli

I disegni dei bambini rinchiusi a Terezín

Raccontano storie di ricordi e desideri,

desideri che purtroppo non si possono avverare

perché l’unico svago concesso era disegnare.

Non possono studiare, giocare e divertirsi

E solo quando capita possono nutrirsi.

Per farli studiare i grandi del campo

Organizzarono lezioni clandestine

E intonavano anche allegre canzoncine.

Certo tutto ciò non era abbastanza

Ma di una vita normale aveva la parvenza

E di un futuro migliore regalava la speranza

A dei bambini a cui era negato il diritto d’esistenza…

Nessun’altra persona dovrà più soffrire perché ritenuta di razza inferiore, poiché esiste un’unica razza, gli ESSERI UMANI!

Classe I A, Scuola Santarella, a.s. 2021/22